Giovanna Zincone (per La Stampa)
È rapida, consistente, supera ormai la media europea, ha cospicue immissioni di irregolari, è ben radicata nel tessuto sociale. Nel Dossier Statistico sull’immigrazione italiana, presentato ieri da Caritas, questi caratteri emergono chiaramente.
Gli immigrati sono circa 4.300.000, il 7,2% della popolazione. Con Spagna (+726%) e Irlanda (+400%), l’Italia (+292%) è tra i Paesi europei che hanno visto moltiplicare più in fretta la quantità di stranieri negli ultimi 10 anni. A nutrire la rapida moltiplicazione dei nostri immigrati sono stati anche, e molto, flussi irregolari. Lo dimostrano le cifre delle numerose regolarizzazioni, inclusa l’ultima, quella che ha registrato 300.000 richieste, ed erano solo lavoratori domestici. È una cifra enorme, se si pensa che esclude neo-comunitari come i romeni perché non ne hanno più bisogno. È una cifra enorme, se si considera che la crisi economica sta producendo importanti controesodi e che anche dall’Italia i rientri sono iniziati. In Spagna e in Germania il numero dei residenti immigrati è già sceso. Ma certo gli esodi non modificheranno il fatto che in Europa e in Italia l’immigrazione ha un carattere strutturale.
I nostri immigrati - stando ai dati Caritas - sono lavoratori (2 milioni), studenti (629.000). Sono fonti di benessere perché producono il 10% della ricchezza nazionale e versano 7 miliardi di contributi previdenziali. Caritas, mentre evidenzia questi e altri aspetti confortanti, cerca di attenuare quelli preoccupanti: sbarchi di clandestini, immigrazione come fonte di aumento della criminalità e sfida all’ordine pubblico. Il Dossier, a ragione, rileva che gli sbarchi rappresentano una quota minima (1%) degli ingressi e soprattutto osserva che quelle navi trasportano disperati, molti dei quali hanno diritto all’asilo. Caritas ritorna a segnalare che la percentuale di devianti tra gli immigrati regolari corrisponde a quella tra gli italiani. Rileva pure che i tassi di attività e di occupazione degli stranieri sono più alti di quelli dei nazionali. Consiglia di non temere la comunità musulmana perché la vede in gran parte pacifica.
Questa determinazione all’ottimismo deriva dal suo impegno etico a difesa dei deboli. È degno perciò del massimo rispetto, anche se la realtà ne esce un po’ trasfigurata. Resta il fatto che il tasso di criminalità immigrata nel complesso è troppo alto. L’aumento della disoccupazione tra gli stranieri, che si accompagna a un aumento seppur minore tra gli italiani, genera tensioni. La quieta comunità musulmana ospita in grembo piccoli nuclei sovversivi che potrebbero produrre guai, come l’attentato milanese insegna.
L’immigrazione non è un valzer per signorine. È un percorso doloroso e difficile per chi emigra. È un fatto duro da metabolizzare per gli abitanti dei Paesi di immigrazione. A chi ha oggi difficoltà a metabolizzare suggerisco una visita, anche solo virtuale, al neonato Museo Nazionale dell’Emigrazione: sfata molti luoghi comuni e aiuta a mettersi nei panni degli altri. Gli italiani sono emigrati in massa anche dalla Padania, non solo dallo sciagurato Mezzogiorno. Nel 1890 il Prefetto di Vicenza informa che «all’emigrazione si abbandonano moltissimi contadini, i quali vi devono essere spinti non tanto dalla speranza di trovare in America di che arricchire rapidamente, quanto dall’impossibilità di campare più oltre la vita nella loro Patria». Anche i nostri immigrati varcavano le frontiere di frodo o con poco credibili permessi turistici. L’emigrazione italiana ha portato con sé non solo potenti mafie, ma anche gruppuscoli sovversivi e autori di attentati eccellenti. Le nostre comunità erano quindi considerate pericolose per l’ordine pubblico. Come se non bastasse, agli italiani si rimproverava pure di rubare il posto ai lavoratori locali. E, mentre il grosso dei nostri emigrati di fatto contribuiva ad arricchire i Paesi ricettori, indebite generalizzazioni anti-italiane da parte di politici e opinionisti di spicco finivano per legittimare cacce all’uomo e stragi. Come nel caso del linciaggio di 11 lavoratori italiani ad Aigues-Mortes, seguito dal prevedibile processo farsa. L’immigrazione purtroppo non è un valzer per signorine, perciò è bene che ci si impegni tutti, classi dirigenti italiane e straniere in testa, per evitare che degeneri in una danza macabra.
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