lunedì 16 novembre 2009

Processo breve, provvedimento indegno

Padre La Manna, presidente del Centro Astalli per i rifugiati: 'Equipare l'immigrazione clandestina a mafia e terrorismo. Chiaro il messaggio del governo: gli immigrati sono criminali'

Roma 13 nov. - "Il processo breve e' un provvedimento indegno che equipara immigrazione clandestina a mafia e terrorismo". Commenta così padre Giovanni La Manna, presidente Centro Astalli - Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, il disegno di legge presentato da Pdl e Lega Nord al Senato, che impone la durata massima dei processi a 6 anni, fatta eccezione per alcuni reati, fra cui quello di immigrazione clandestina.

"La scelta di inserire nell'elenco dei reati di grave allarme sociale l'immigrazione clandestina e' frutto di logiche discriminatorie nei confronti degli stranieri. La gia' insensata fattispecie di reato di immigrazione clandestina, semplice contravvenzione punita con un'ammenda, da oggi viene equiparata ai reati di mafia e terrorismo. Attraverso tale operazione, frutto di accordi politici, il governo lancia un chiaro messaggio all'opinione pubblica: gli immigrati sono criminali. È facile immaginare come tutto cio' contribuisca ad alimentare pregiudizi e pericolose derive xenofobe che gia' da tempo destano allarme nel nostro paese", chiude il religioso.

Fonte: Redattore Sociale

giovedì 29 ottobre 2009

Immigrati una risorsa incompresa

Giovanna Zincone (per La Stampa)

È rapida, consistente, supera ormai la media europea, ha cospicue immissioni di irregolari, è ben radicata nel tessuto sociale. Nel Dossier Statistico sull’immigrazione italiana, presentato ieri da Caritas, questi caratteri emergono chiaramente.

Gli immigrati sono circa 4.300.000, il 7,2% della popolazione. Con Spagna (+726%) e Irlanda (+400%), l’Italia (+292%) è tra i Paesi europei che hanno visto moltiplicare più in fretta la quantità di stranieri negli ultimi 10 anni. A nutrire la rapida moltiplicazione dei nostri immigrati sono stati anche, e molto, flussi irregolari. Lo dimostrano le cifre delle numerose regolarizzazioni, inclusa l’ultima, quella che ha registrato 300.000 richieste, ed erano solo lavoratori domestici. È una cifra enorme, se si pensa che esclude neo-comunitari come i romeni perché non ne hanno più bisogno. È una cifra enorme, se si considera che la crisi economica sta producendo importanti controesodi e che anche dall’Italia i rientri sono iniziati. In Spagna e in Germania il numero dei residenti immigrati è già sceso. Ma certo gli esodi non modificheranno il fatto che in Europa e in Italia l’immigrazione ha un carattere strutturale.

I nostri immigrati - stando ai dati Caritas - sono lavoratori (2 milioni), studenti (629.000). Sono fonti di benessere perché producono il 10% della ricchezza nazionale e versano 7 miliardi di contributi previdenziali. Caritas, mentre evidenzia questi e altri aspetti confortanti, cerca di attenuare quelli preoccupanti: sbarchi di clandestini, immigrazione come fonte di aumento della criminalità e sfida all’ordine pubblico. Il Dossier, a ragione, rileva che gli sbarchi rappresentano una quota minima (1%) degli ingressi e soprattutto osserva che quelle navi trasportano disperati, molti dei quali hanno diritto all’asilo. Caritas ritorna a segnalare che la percentuale di devianti tra gli immigrati regolari corrisponde a quella tra gli italiani. Rileva pure che i tassi di attività e di occupazione degli stranieri sono più alti di quelli dei nazionali. Consiglia di non temere la comunità musulmana perché la vede in gran parte pacifica.

Questa determinazione all’ottimismo deriva dal suo impegno etico a difesa dei deboli. È degno perciò del massimo rispetto, anche se la realtà ne esce un po’ trasfigurata. Resta il fatto che il tasso di criminalità immigrata nel complesso è troppo alto. L’aumento della disoccupazione tra gli stranieri, che si accompagna a un aumento seppur minore tra gli italiani, genera tensioni. La quieta comunità musulmana ospita in grembo piccoli nuclei sovversivi che potrebbero produrre guai, come l’attentato milanese insegna.

L’immigrazione non è un valzer per signorine. È un percorso doloroso e difficile per chi emigra. È un fatto duro da metabolizzare per gli abitanti dei Paesi di immigrazione. A chi ha oggi difficoltà a metabolizzare suggerisco una visita, anche solo virtuale, al neonato Museo Nazionale dell’Emigrazione: sfata molti luoghi comuni e aiuta a mettersi nei panni degli altri. Gli italiani sono emigrati in massa anche dalla Padania, non solo dallo sciagurato Mezzogiorno. Nel 1890 il Prefetto di Vicenza informa che «all’emigrazione si abbandonano moltissimi contadini, i quali vi devono essere spinti non tanto dalla speranza di trovare in America di che arricchire rapidamente, quanto dall’impossibilità di campare più oltre la vita nella loro Patria». Anche i nostri immigrati varcavano le frontiere di frodo o con poco credibili permessi turistici. L’emigrazione italiana ha portato con sé non solo potenti mafie, ma anche gruppuscoli sovversivi e autori di attentati eccellenti. Le nostre comunità erano quindi considerate pericolose per l’ordine pubblico. Come se non bastasse, agli italiani si rimproverava pure di rubare il posto ai lavoratori locali. E, mentre il grosso dei nostri emigrati di fatto contribuiva ad arricchire i Paesi ricettori, indebite generalizzazioni anti-italiane da parte di politici e opinionisti di spicco finivano per legittimare cacce all’uomo e stragi. Come nel caso del linciaggio di 11 lavoratori italiani ad Aigues-Mortes, seguito dal prevedibile processo farsa. L’immigrazione purtroppo non è un valzer per signorine, perciò è bene che ci si impegni tutti, classi dirigenti italiane e straniere in testa, per evitare che degeneri in una danza macabra.

sabato 3 ottobre 2009

Piazza del Popolo: in 150mila per la libertà d'informazione



ROMA - Piazza del Popolo gremita (secondo gli organizzatori hanno partecipato in 150mila) per la manifestazione a difesa della libertà di stampa. Di seguito alcune autorevoli voci raccolte dalle agenzie di stampa. Tutte tranne una che ho raccolto personalmente.

Roberto Saviano (dal palco di piazza del Popolo): «Quello che sta accadendo dimostra una vecchia verità, e cioè che verità e potere non coincidono mai. La libertà di stampa che vogliamo difendere è la serenità di lavorare, la possibilità di raccontare senza doversi aspettare ritorsioni. L'Italia è il secondo paese dopo la Colombia per il numero di persone che si trovano sotto protezione. Raccontare in certe parti d'Italia, soprattutto al sud, è complicatissimo e costringe a dover difendere la propria vita. Il nemico principale è l'indifferenza, che isola chi prova a descrivere la realtà. Ecco perchè siamo quì, per dire che ogni paese ha bisogno della massima libertà di espressione».

Giorgio Lepri (storico direttore dell'Ansa): «Impegnamoci tutti per evitare che si soffochino le voci libere e per fare in modo che il diritto di indignazione che si leva da questa piazza vada in tutte le piazze d'Italia. Sono nato e cresciuto sotto il fascismo e so che significa una società senza libera informazione, una stampa asservita al potere, ascoltare una sola voce e non potere esprimere la propria. Oggi è diverso, perchè abbiamo l'art. 21 della Costituzione, forse il più bello della Carta fondamentale dello Stato. Ma attenzione: abbiamo ancora spazi di libertà, anche se c'è in Parlamento una proposta di legge per modificare l'art. 21. Ma c'è anche questa piazza e il grido che si leva da questa».

Giorgio Bocca (giornalista). «La manifestazione è necessaria perchè la libertà di stampa è in pericolo. Ma che sia efficace ho qualche dubbio, perchè ormai il potere del Presidente del Consiglio di intervenire sui mezzi di comunicazione è evidente. La libertà di stampa relativa in Italia c'è ma, come dice De Benedetti, i giornalisti sono intimiditi. Sono condizionati. Ed è condizionata anche l'opinione pubblica. In Italia c'è stato in questi anni un vero e proprio cambio di civiltà. Non so, per esempio, quanti di quelli che hanno visto Santoro lo hanno fatto per autentico desiderio di verità o quanti volessero semplicemente vedere in faccia la escort di Berlusconi. Penso che il rischio di un nuovo fascismo sia attuale, in Italia. E penso che, come avvenuto per il delitto Matteotti, arriverà il momento in cui questo Governo si troverà nella necessità di sopprimere davvero la libertà di stampa».

Daniele Capezzone (giornalista e portavoce Pdl): «Tutti sanno, inclusi i promotori e gli aderenti alla manifestazione di oggi, che non c'è alcuna libertà di stampa e di opinione in pericolo in Italia».

«Bbbbb... Bucio de culo!»: Martellone (attore di Boris -foto)

giovedì 1 ottobre 2009

Il disegno di legge sulla cittadinanza approda a novembre alla Camera

di Italo Mastrangeli (pubblicato su ImmigrazioneOggi.it)

ROMA – Nelle prossime settimane il Comitato ristretto della Commissione affari costituzionali della Camera proverà a redigere un testo di riforma della legge sulla cittadinanza partendo dalle 12 proposte presentate dai diversi schieramenti politici. Poi, a novembre, sarà l’Assemblea di Montecitorio a stabilire a quali condizioni si potrà ottenere la cittadinanza italiana. Tra le proposte spicca l’iniziativa bipartisan del ‘finiano’ Fabio Granata e del cattolico del Pd Andrea Sarubbia. Un disegno ‘rivoluzionario’ rispetto all’attuale legge, la numero 91 del 1992, ma in linea con la legislazione degli altri paesi dell’Unione europea in materia. Tra i contrari, la solita Lega, arroccata a difesa della 91/1992. “Una legge sulla cittadinanza c'è già e funziona- ha detto il ministro Maroni ieri durante la trasmissione tivù 'Mattino cinque'- Personalmente credo che la legge non debba essere modificata”.

La Lega, dunque, continua bossianamente a ‘tenere duro'. Chiare le ragioni. La legge 91/1992, approvata mentre in tutta la Penisola erano in corso i festeggiamenti per i 500anni dalla scoperta dell’America, e che ha riformato la precedente legge risalente addirittura al 1912 (anno della colonizzazione della Libia), ha in comune, con quest’ultima, l'obiettivo di tutelare le radici degli emigranti italiani (attraverso lo ius sanguinis). Senza porsi il problema di considerare la crescita della presenza straniera e la sua stabilizzazione nel contesto demografico italiano. Cosa comprensibile nel 1912, quando dall’Italia si emigrava. Non ottant’anni dopo, con gli albanesi che premevano sulle coste pugliesi. Per mezzo dell’attuale legge, l’Italia ha potuto, in questi 17 anni, concedere a singhiozzo la cittadinanza a chi non ha sangue italiano che gli scorre nelle vene. In quest’arco di tempo solo 261mila individui sono diventati ‘nuovi italiani’. In Francia, tanto per fare un paragone, sono diventati francesi 300mila immigrati in un solo biennio (2006/2007).

Se il disegno di legge Granieri-Sarubbia passasse in Parlamento si avrebbero 1milione e 600 mila ‘nuovi italiani’ (stima Acli). Cosa inaccettabile per le menti padane, che nelle osterie leghiste non incitano più al secessionismo ma alla difesa dell’italianità minacciata dai ‘popoli invasori’. Due i punti del disegno di legge particolarmente sgraditi a Bossi e Co. Primo. L’introduzione dello ius soli, che permetterà ai figli nati sul suolo italiano da genitori stranieri regolarmente soggiornanti da almeno 5 anni di diventare automaticamente italiani. Secondo. La possibilità per l’immigrato di chiedere la cittadinanza dopo cinque anni di soggiorno e non più dopo dieci. Saranno questi i due nodi che accenderanno il dibattito pubblico.

Maggiore accordo invece nell’introduzione dell'esame di lingua italiana come requisito indispensabile per ottenere la cittadinanza. Grazie a tale criterio qualitativo si avrà una prova tangibile della volontà, non solo di acquisire la cittadinanza, ma anche d'integrarsi nel Bel Paese. Non si può essere cittadini se non si partecipa alla vita nazionale e ci si trincera dentro la propria comunità d’appartenenza – la comunità cinese ne è un esempio, anche se un po' troppo abusato. Dunque, tutti convinti nel dire basta agli italiani di nome ma non di fatto. Piena apertura, invece, (qualora il disegno diventasse legge) con chi desidera, nel reciproco rispetto, realizzare il proprio progetto di vita, conformemente ai principi sanciti dalla Costituzione.

Poscritto. Ovviamente, a dover rispettare la Costituzione non sono solo i migranti, ma anche le istituzioni stesse. Che troppo spesso calpestano i diritti soggettivi di cui sono portatori i migranti, considerati soggetti bisognosi e omogenei alla propria cultura.

Acli: "Hanno rinunciato alla regolarizzazione il 30-40% delle famiglie"

Si aggira tra il 30 e il 40% la stima delle famiglie che pur interessate hanno infine rinunciato alla regolarizzazione di colf e badanti. Una stima fornita dalle Acli in base all’esperienza degli sportelli del Patronato diffusi nelle principali province italiane, tenendo conto di quanti si sono avvicinati per chiedere informazioni per l’avvio della pratica senza poi concludere la procedura.

Tra le cause principali della rinuncia: il limite di reddito richiesto dal provvedimento, il limite minimo di 20 ore lavorative - che ha inciso sulle colf con più datori di lavoro – e il requisito dell’alloggio.

Ma l’ostacolo più grande – affermano le Acli – è si è manifestato il costo complessivo del rapporto di lavoro: «Quando prendevano atto dei costi effettivi del rapporto di lavoro e dei diritti conseguenti spettanti ai lavoratori, le famiglie tornavano sui propri passi». «E’ la riprova – sostengono le Acli – che non si può continuare a far ricadere interamente sulle spalle delle famiglie i costi del lavoro domestico, senza prevedere adeguate misure di sostegno al reddito, di tipo sia monetario che fiscale». Sempre secondo le Acli, le percentuali delle rinunce riscontrate agli sportelli possono contribuire a spiegare la distanza tra il numero di regolarizzazioni effettive e quelle previste.
(Comunicato Acli)

venerdì 18 settembre 2009

Sanaa: la tragica morte di una ragazza in cerca di una vita normale

No alle speculazioni politiche ed alla guerra di religione.
di Alessandro Colaiacono (fonte: il blog di ImmigrazioneOggi)

Il terribile omicidio della giovane Sanaa ad opera del padre a Montereale Valcellina, in provincia di Pordenone, non è soltanto una notizia di cronaca di quelle che solitamente decidiamo di non pubblicare.
È la tragica storia di una ragazza marocchina uccisa dal padre perché fidanzata con un uomo italiano, suo datore di lavoro.
Per quanto sia umanamente dolorosa la vicenda di Sanaa, per quanto la sua morte così orribile contrasti con la sua voglia di vivere e la volontà di integrarsi, per quanto i commenti dei media e della politica cerchino in tutti i modi di leggere la vicenda attraverso le lenti del fanatismo religioso, Sanaa non è una martire dello scontro tra religioni.
La diciottenne marocchina è la vittima di una subcultura che poco ha a che fare con l’islam ed i suoi precetti, ma è frutto di un tessuto sociale che ha della donna una concezione primitiva. Una cultura che fino a qualche decennio fa era diffusa, seppur con modalità differenti, anche in alcune zone dell’Italia.
Con questo non vogliamo dire che non esista il problema dell’integrazione per le donne di alcune comunità di tradizione islamica. È un fenomeno evidente, denunciato da autorevoli studiosi ed affrontato nella Carta dei valori, della cittadinanza e dell’integrazione promossa dal Ministero dell’interno. Un problema complesso e che quindi richiede soluzioni appropriate, investimenti e pochi proclami. Occorre favorire processi che portino queste donne in contatto con le istituzioni, che vengano promossi progetti che evitino il loro isolamento fin dal momento del ricongiungimento familiare: corsi di lingua, consultori, programmi speciali nelle scuole quando queste accompagnano i figli, collaborazioni con i centri culturali islamici. Sono molte le iniziative intraprese in questa direzione, esperimenti isolati fatti da organismi quasi sempre del privato sociale, con pochi mezzi ma capaci di leggere esigenze nascoste ed entrarvi in contatto.
Le politiche ufficiali fatte finora non vanno in questa direzione, la diversità continua ad essere vista con timore ed affrontata nei modi peggiori. Qualcuno ha addirittura ipotizzato una fragilità psichica del padre di Sanaa dovuta alla dieta del Ramadan.
Allora più che i tanti proclami delle istituzioni, tutte pronte a costituirsi parte civile nel processo, ci aspettiamo interventi che promuovano l’emancipazione di queste donne: magari non con i divieti e le proibizioni - come quello del velo, sempre tirato fuori in questi casi -, ma con relazioni e cultura.
Un ultimo pensiero è per Sanaa che coraggiosamente non ha avuto paura di incontrare la cultura del suo nuovo Paese e che ha cercato la vita normale delle sue coetanee. Questa normalità non l’ha trovata prima, cerchiamo almeno di dargliela ora, a lei ed alle sue giovani sorelline.

Incentivi della Regione Lazio per chi regolarizza colf e badanti


Roma - Con la regolarizzazione di colf e badanti che procede al rallentatore, la Regione Lazio offre una serie d'incentivi per sbloccare la situazione.
I dati diffusi l'11 settembre dal Ministero dell'Interno hanno evidenziato che nei primi undici giorni dall'inizio della sanatoria, rivolta a colf e badanti sprovviste del permesso di soggiorno, si contano finora solo 46.095 domande, per una media di circa 5mila domande al giorno. Molto al di sotto delle aspettative. Continuando di questo passo, infatti, non si dovrebbero superare le 150mila richieste, meno di un terzo di quante ne erano state previste.
Per questa ragione la Regione Lazio ha deciso di correre ai ripari. Dal 14 settembre è possibile per le famiglie residenti nella Regione, che hanno un Isee inferiore a 20mila euro all'anno, beneficiare di alcuni incentivi, che consistono nel rimborso degli oneri previdenziali sostenuti nei primi sei mesi di contratto per chi è stato assunto a tempo indeterminato dal 1 gennaio 2009, e al rimborso delle spese sostenute al momento della compilazione della domanda presso i Caf o i consulenti del lavoro, fino a un massimo di 200 euro. "Si tratta- ha detto l'Assessore regionale al lavoro e pari opportunità, Alessandra Tibaldi- di una misura che favorisce l'emersione del lavoro nero e che riconosce l'apporto fondamentale che i lavoratori migranti offrono alle famiglie italiane e agli anziani".
Una buona notizia, dunque, anche se i problemi non finiscono qui. La lentezza e l'incapacità della Pubblica Amministrazione italiana sono un altro fattore che rallenta il sistema, come ha denunciato l'Assindatcolf, associazione dei datori di lavoro domestico che fa parte di Confedilizia. Un primo problema è dovuto al software che non accetta alcune situazioni 'particolari'. Per questo il software si blocca e la domanda rimane congelata finché non si trova una soluzione. Altra questione quella del reddito minimo di 20mila euro. "Questa norma- spiega Assindatcolf- non contempla l'ipotesi, invece comune, che tali soggetti ricevano un aiuto economico dai parenti non conviventi, come nel caso di genitori anziani autosufficienti che vivono da soli e che ricevono un sostegno finanziario dai figli per avere qualcuno che si occupi di loro". E poi c'è il problema dell'alloggio. "La procedura di regolarizzazione- mette in evidenza Assindatcolf- non considera la situazione di chi ospita nel proprio alloggio, a qualsiasi titolo, lo straniero in fase di regolarizzazione. In casi come questo- conclude- la dichiarazione di emersione finisce per essere nient'altro che una denuncia ai danni dell'ospitante/locatore per i reati che commette concedendo l'alloggio ad uno straniero senza permesso: reati non sospesi dalla regolarizzazione".

Italo Mastrangeli
(articolo apparso su Lungotevere.net)

giovedì 17 settembre 2009

La sanatoria costa troppo: l'allarme della Cgil di Firenze

Sarah Di Nella (Fonte: Carta.org)

Secondo la Cgil di Firenze sono i migranti lavoratori a pagare - nel 90 per cento dei casi a Firenze - i contributi necessari per la richiesta di regolarizzazione. E non mancano i datori di lavoro che scoraggiati dai costi, preferiscono licenziare.

Secondo i dati dell’Agenzia delle entrate sono arrivati finora 34 mila versamenti per la regolarizzazione di colf e badanti. Il direttore Attilio Befera, nota però che «c’è un incremento dell’80 per cento da giorno a giorno e ci sarà un picco a fine mese». Una versione contestata da Danilo Rocca De La Cruz, responsabile dell’ufficio immigrati della Cgil fiorentina, che spiega che molti datori di lavoro non sono disposti a pagare i contributi previdenziali e assistenziali: il contributo forfetario per il secondo trimestre del 2009 ammonta infatti a 500 euro per ogni lavoratore.

«Oltre ai 500 euro – spiega De La Cruz – i migranti spesso sono costretti a pagare anche i contributi, e siccome sono facilmente ricattabili, lo fanno. Alcune famiglie preferiscono addirittura licenziare le badanti pur di non portare a termine una procedura di emersione giudicata troppo costosa». «Se non c’è flessibilità – conclude De La Cruz – non si arriverà alla soglia delle 300 mila richieste. Posso parlare solo della situazione fiorentina. Qui sono poche le giornate in cui c’è il pieno, e sono molti invece gli appuntamenti allo sportello che vengono cancellati. Secondo il Viminale c’è una media di 5 o 6 mila richieste quotiane». Il 90 per cento dei versamenti però è stato pagato dai lavoratori migranti. Poi, una volta la procedura di regolarizzazione avviata, vanno aggiunti allo stipendio anche tredicesima, Tfr e ferie. Molti datori di lavoro rinunciano a regolarizzare i propri dipendenti di fronte alle spese: a Firenze riguarda il 15 per cento dei casi seguiti dalla Cgil.

Ci sono anche gesti di solidarietà. Come racconta Diana sul sito clandestino.carta.org «per opporci a tutto il razzismo e a tutta la cattiveria verso gli stranieri che sta venendo fuori da una parte di italiani, abbiamo regolarizzato un ragazzo straniero conosciuto sulla spiaggia a vendere collanine, non lavorerà mai da noi come domestico ma abbiamo voluto dargli una possibilità di costruirsi un futuro migliore senza sentirsi sempre in fuga e facendogli vedere che esiste ancora un’Italia solidale e che non ha paura delle diversità e quindi invito tutti a questo piccolo gesto di disobbedienza verso il pacchetto sicurezza e questo governo fascista. Non limitiamoci solo a manifestare, serve anche quello ma facciamo cose concrete, la situazione lo richiede».

mercoledì 2 settembre 2009

L'ennesima ultima sanatoria

di Maurizio Ambrosini (www.lavoce.info)

La sanatoria di colf e badanti rappresenta una apprezzabile presa d'atto che la criminalizzazione degli immigrati senza permesso di soggiorno è prima di tutto irrealistica: serve a scopi di propaganda politica, ma non a risolvere i problemi effettivi del governo dell'immigrazione e del suo incontro con le esigenze del mercato del lavoro italiano. Meglio ancora sarebbe però adottare politiche più avvedute, che prevengano la formazione di ingenti bacini di stranieri con un lavoro, ma giuridicamente irregolari. Le soluzioni di Francia e Stati Uniti.

Dal primo settembre scatta la “fase due” della regolarizzazione di colf e assistenti domiciliari (alias bandanti). Da oggi si possono infatti presentare le domande di emersione. Perché alla fine ha prevalso la ragione. Contraddicendo le campagne di criminalizzazione dell’immigrazione irregolare, nonché il pacchetto sicurezza appena approvato, il governo ha varato la sanatoria. L’hanno chiamata “regolarizzazione selettiva”, “campagna di emersione” e altro ancora, ma la sostanza non cambia. C’è da scommettere, e se ne registrano le prime avvisaglie, che muratori, lavapiatti e tanti altri lavoratori inseriti nelle imprese verranno opportunamente “travestiti” da colf per poter approfittare dell’occasione.

IL COPIONE SI RIPETE

Si tratta dunque di una sanatoria in piena regola, la seconda varata da un governo a guida berlusconiana, dopo quella del 2002-2003, che produsse all’incirca 630mila nuovi residenti. Anche in quel caso faceva seguito all’inasprimento delle norme sull’immigrazione, con la legge Bossi-Fini.
Il copione dunque tende a ripetersi. Dopo aver individuato gli immigrati irregolari, definiti “clandestini” perché le scelte lessicali svolgono un ruolo importante in queste operazioni politiche, come la fondamentale minaccia per la sicurezza dei cittadini, il governo vara norme severissime che dovrebbero finalmente consentire di chiudere le porte, espellere gli intrusi e liberare il paese dalla piaga. Poi, qualcuno al suo interno comincia ad accorgersi che gran parte degli immigrati privi di regolari documenti sono qui non perché i trafficanti li hanno spinti sulle carrette del mare o perché qualche scriteriato “buonista” li ha fatti entrare, ma più semplicemente perché servono: servono alle imprese, dall’agricoltura, al turismo, all’edilizia, come pure alle famiglie. A quel punto, una volta rassicurata l’opinione pubblica sulla propria implacabile volontà di chiusura, il governo può dar prova di flessibilità e pragmatismo, mettendo in regola un gran numero di quei migranti “clandestini” che diceva di voler respingere. Il guaio è che in tal modo ottiene l’effetto opposto a quello annunciato: lancia nel mondo, attraverso il passaparola delle reti etniche, l’idea che in Italia, se si riesce a entrare e a trovare un lavoro, prima o poi ci si sistema. Ne è prova il fatto, già segnalato su questo sito, che in Lombardia, secondo la Fondazione Ismu, su tre immigrati oggi regolari, due sono passati attraverso un periodo di irregolarità, e tra i lavoratori la percentuale è ancora più alta. Secondo le stesse indagini, gli ingressi si infittiscono in prossimità delle sanatorie.
Queste rappresentano d’altronde il dispositivo fondamentale delle politiche migratorie italiane: l’attuale sarebbe la sesta in poco più di vent’anni, senza contare le sanatorie mascherate attraverso altri canali, come i decreti-flussi. Sono state varate da governi di ogni colore, nella travagliata storia politica dell’ultimo ventennio, sempre promettendo solennemente che sarebbe stata l’ultima. Ai governi di centrodestra spetta comunque il primato per numero di regolarizzati: sommando ai 630mila emersi del 2002-2003 quelli del nuovo provvedimento (secondo le previsioni governative, 750mila persone), Silvio Berlusconi supererà largamente José Luis Zapatero con i suoi circa 700mila emersi, come capo-classifica europeo delle sanatorie. Dopo aver suscitato l’inquietudine dei nostri partner per le campagne contro i rom e per i respingimenti degli aspiranti rifugiati, gli toccherà difendersi, come è già accaduto al collega spagnolo, dall’accusa di aver aperto le porte dell’Unione Europea a centinaia di migliaia di nuovi residenti. Un esito abbastanza curioso per un premier e per un governo che hanno fatto della lotta all’immigrazione illegale un argomento di punta del loro programma politico.

SOLUZIONI PER IL FUTURO

Le sanatorie tuttavia, come i condoni e le amnistie, non sono mai una via d’uscita elegante per i governi. Hanno un effetto diseducativo, che conduce invariabilmente a nuove infrazioni delle leggi e alla necessità di nuove sanatorie. D’altronde, appaiono difficilmente evitabili quando i numeri delle persone in condizione irregolare, nonché degli italiani che vengono anch’essi a trovarsi fuori legge in quanto favoreggiatori di un reato, raggiungono gli attuali livelli.
Anziché aggiustare a posteriori situazioni che non si ha avuto il coraggio lungimirante di governare a priori, nel futuro bisognerebbe provare a cercare altre soluzioni. Se ne possono individuare almeno due. La prima consiste nella regolarizzazione su base individuale, come avviene in Francia, di persone che non si possono più ragionevolmente espellere per vari motivi: per il soggiorno prolungato sul territorio (per esempio, cinque anni), l’inserimento lavorativo di fatto, l’instaurazione di legami affettivi stabili, la presenza di minori da accudire. Per l’ultima circostanza, la presenza di minori, la legge italiana già consente la concessione di un permesso di soggiorno.
La seconda strada potrebbe consistere nella conversione del titolo di soggiorno, come è avvenuto a più riprese negli Stati Uniti. Chi entra con un permesso turistico di tre mesi e trova qualcuno disposto ad assumerlo, segnatamente nell’ambito familiare, magari con determinate garanzie (contratto regolare, cauzione, mediazione di uno sponsor istituzionale o associativo e così via), potrebbe essere autorizzato a trasformare in un permesso di lavoro il suo titolo provvisorio di soggiorno. Si eviterebbe così la sofferenza di un tempo di irregolarità spesso prolungato, che per le madri, significa anni senza poter rientrare in patria e rivedere i figli, e il danno erariale del mancato versamento di tasse e contributi.
In definitiva, la sanatoria rappresenta una apprezzabile presa d’atto che la criminalizzazione degli immigrati irregolari è prima di tutto irrealistica: serve a scopi di propaganda politica, ma non a risolvere i problemi effettivi del governo dell’immigrazione e del suo incontro con le esigenze del mercato del lavoro italiano. Meglio delle sanatorie sarebbero però politiche più avvedute di prevenzione della formazione di ingenti bacini di immigrazione laboriosa, ma giuridicamente irregolare, che diventano poi ardui da svuotare senza altri danni per il paese.

lunedì 17 agosto 2009

Fortress Europe: "Massacro in Libia, 20 somali uccisi dalla polizia"


Benghazi(Libia), 16 agosto 2009 – Bagno di sangue a Benghazi. Almeno 20 rifugiati somali sarebbero stati uccisi dalla polizia libica durante un fallito tentativo di evasione dal centro di detenzione di Ganfuda, dove erano detenuti perché sprovvisti di documenti. Cinque di loro sarebbero morti sotto gli spari della polizia al momento della fuga. Gli altri 15 sarebbero invece morti a seguito delle violenze inferte loro dagli agenti di polizia, armati di manganelli e coltelli. La repressione è stata durissima, i feriti sarebbero almeno una cinquantina, in maggior parte somali. I fatti risalgono alla prima settimana di agosto. La notizia è stata diffusa il 10 agosto dal sito internet della diaspora somala Shabelle Media Network che ha parlato telefonicamente con un testimone oculare della strage. La notizia è stata ripresa anche dalla stampa libica (Libia Watanona) e internazionale (Voice of America). Ed è confermata da una terza fonte, con cui Fortress Europe è direttamente in contatto a Benghazi, ma della quale non possiamo svelare l'identità per motivi di sicurezza. Sebbene al momento non si conosca ancora l'esatta ricostruzione dei fatti e non si sappia con certezza il numero delle vittime, si tratta comunque della più grave strage avvenuta nei campi di detenzione libici. Una notizia credibile anche alla luce di massacri ben più atroci, come quello che venne commesso a Tripoli, nel carcere di Abu Salim, nel giugno del 1996 e che costò la vita a centinaia di detenuti libici. Le autorità libiche hanno prontamente smentito la notizia. L'ambasciatore libico di stanza a Mogadiscio, Ciise Rabiic Canshuur ha definito la notizia una “menzogna” e ai giornalisti ha chiesto: “prima di parlare o scrivere dovrebbero confrontarsi con noi”.

L'articolo è tratto dal sito: "Fortress Europe, Osservatorio sulle vittime dell'emigrazione";

La foto in alto da "Cantorblog. Un inno alla libertà".

domenica 16 agosto 2009

Croce Rossa: "Non c'è differenza tra un Cie e Regina Coeli"


«I centri d’accoglienza sono prigioni. Sono anni che lo dico, e ci sono voluti i disordini di questi giorni perché se ne prendesse atto». Massimo Barra è il presidente della Croce Rossa Italiana, e vicepresidente di quella internazionale. Sa di cosa parla, anche perché la sua organizzazione gestisce direttamente alcuni dei 13 Centri che adesso si chiamano «di identificazione ed espulsione». «Problemi ce ne sono anche nei nostri centri, ce ne sono sempre, come in tutti i luoghi che sono appunto equiparabili a carceri, in cui la vita è imprigionata».

Dottor Barra, la Croce Rossa gestisce proprio anche i centri di Torino e Milano dove si sono avute le rivolte di questi giorni. Materassi bruciati, violenze e proteste culminati in quattordici arresti e undici contusi, tra poliziotti e carabinieri.
«Questo accade perché le nuove misure, il pacchetto sicurezza appena varato, di certo non hanno messo di buonumore le persone recluse. La prospettiva di soggiorno obbligato è passata da 2 a 6 mesi, e a molti di loro pare sproporzionata. Bisogna capire che queste sono persone, e la coscienza di molti di loro è di non aver commesso un reato. Chi sta negli ex Cpt, oggi Cie, non ha la coscienza soggettiva di aver commesso un reato, di qui la protesta. Se a questo sommiamo il sovraffollamento, i disordini sono inevitabili. Sono quasi una conseguenza logica».

Sono proteste contro un’ingiustizia, o c’è anche il problema del sovraffollamento?«I Cie scoppiano, e continueranno a scoppiare. Il sovraffollamento aggrava moltissimo la condizione delle persone recluse, e mette in difficoltà gli operatori. E il sovraffollamento rischia di aumentare a dismisura, con l’introduzione del reato di immigrazione clandestina. Voglio precisare che ovviamente la mia non è una presa di posizione politica, per statuto la Croce Rossa non prende mai posizioni politiche. Ma conoscendo la situazione dei Cie, non posso non constatare che in particolare l’introduzione del reato di immigrazione clandestina ha esacerbato al massimo gli animi: si trova fuori legge anche chi non ha commesso proprio alcun tipo di reato».

In quanto stima potrebbe essere il sovraffollamento che deriverà dall’istituzione di questo nuovo reato?«Non ne ho idea. Mi limito a constatare che il Viminale parla di alcune migliaia di posti nei Cie, e che le stime degli immigrati clandestini arrivano a un milione. Valuti lei fin dove può arrivare il sovraffollamento».

La Croce Rossa può supervisionare anche gli altri centri di accoglienza per i migranti?«Al momento no. Il governo italiano, nel corso del tempo, ci ha dato in gestione alcuni centri. Ma in nome dei diritti universali sarebbe bene, lo dico non solo per l’Italia ma anche per il resto dei paesi del mondo, che le porte fossero aperte alla Croce Rossa. Perché quei centri sono carceri a tutti gli effetti, ed è auspicabile una presenza per così dire planetaria della Croce Rossa nelle carceri, di tutti i generi e in tutti i paesi. Il nostro difficile lavoro è comunque improntato al rispetto dei diritti dell’uomo».

Ma di fronte ai disordini di Torino e Milano avete chiamato la polizia e i carabinieri?
«No, certo. Polizia e carabinieri sorvegliano i Cie. E quando occorre intervengono autonomamente. Ma il punto sono i diritti. Per questo sarebbe importante un nostro monitoraggio, contro violenze e disattenzioni. Monitorare tutti i centri sarebbe una garanzia per tutti, e sarebbe bene che il governo italiano ce lo permettesse».

E’ la prima volta che vi trovate a fronteggiare scontri di questa portata, all’interno di un centro?
«No. E’ già successo anche in passato, si tratta di persone disperate e senza prospettive. Le prigioni in quanto tali sono il condensato dei problemi irrisolti dell’umanità, non c’è differenza tra un Cie e Regina Coeli. E può peggiorare».

(Intervista di Antonella Rampino - La Stampa)

Cittadinanza. A ottobre si discute la nuova legge alla Camera

Il disegno di legge che agevola l'acquisizione della cittadinanza italiana, sarà già a ottobre in Aula alla Camera, nonostante siano contrari diversi esponenti della maggioranza, tra i quali Maurizio Gasparri (Pdl) e Mario Borghezio (Lega).
La nuova legge, definita "sarkoziana" ma cmq rigorosamente bipartisan, prevede tempi più brevi per l'italianizzazione degli immigrati (da dieci a cinque anni) e l'introduzione dello 'jus soli' al posto dello 'jus sanguinis', ovvero la possibilità per i figli nati in Italia da genitori stranieri di diventare cittadini senza dover aspettare la maggiore età per fare richiesta.
Come si è detto, contrari al disegno Gasparri e Borghezio. "Una riforma in tal senso non si farà mai con questo governo- ha detto Gasparri- Tutt'al più gli unici cambiamenti possibili dovrebbero essere maggiormente restrittivi grazie all'introduzione di maggiori verifiche". "Va contro i progetti dell'esecutivo"- ha tuonato invece Borghezio - E perciò la proposta non avrà spazio".

Comunque, da due del calibro di 'Ridolini' Gasparri e di 'Onlio' Borghezio che cosa ci saremmo potuti aspettare? Mario Borghezio è l'eurodeputato italiano che porta meglio la croce (celtica) nell’aula del Parlamento europeo, visto che è costretto - o almeno così ha lasciato intendere durante un incontro con i neofascisti francesi - a diluire la sua vocazione fascista nella brodaglia regionalista di stampo leghista; e di dover indossare, finché i tempi non sono maturi, la camicia verde invece che quella nera, che gli donerebbe di più (anche perché sfina). Ed è con indosso la camicia verde che la ‘Magistratura di sinistra’ l’ha condannato a 400 euro di multa per violenza contro un immigrato clandestino e a 2 mesi e 20 giorni di carcere per incendio colposo a danno di alcuni romeni durante un raid. Il suo motto è “Padroni a casa nostra”, con il quale nelle ultime elezioni europee ha conquistato anche voti (ben 1.600) nella Capitale “ladrona”.
L’ex fascista Maurizio Gasparri, invece, è uno dei personaggi più promettenti del cabaret televisivo. I suoi tempestivi commenti su ogni fatto che accade in Italia e all’estero lo rendono il candidato naturale alla successione di portavoce del Pdl, se non ci fosse in circolazione uno che le spara più grosse di lui come Daniele Capezzone. Indimenticabile la sua uscita dopo l’elezione a presidente degli Usa dell’abbronzato Obama: “Con Obama alla Casa Bianca Al Qaeda forse è più contenta”. E contenti lo siamo anche noi che in Maurizio Gasparri vediamo l’erede di Ridolini.

Al di là degli aspetti ludici della vicenda (cioè Gasparri e Borghezio) pare che la riforma abbia buone possibilità di passare, grazie al voto del centrosinistra (Pd e IdV), dei centristi dell'Udc, e di una parte (finiani e cattolici) del Pdl. A meno che la Lega non abbia qualche carta nascosta per far cambiare idea a tutti. Del resto, non è la nostra, forse, una 'Repubblica fondata sul ricatto'?

giovedì 13 agosto 2009

Quale sorte attende i 500mila irregolari fuori dalla sanatoria?


Dopo la regolarizzazione di colf e badanti resteranno in giro per l'Italia non meno di 500mila immigrati senza permesso di soggiorno. Un dato approssimativo, calcolato sottraendo il numero degli irregolari presenti oggi in Italia (700-800mila, secondo stime ottimistiche) da colf e badanti che a breve saranno regolarizzate (prevedibilmente non più di 300-400mila). Al risultato (400mila) bisogna però aggiungere i 160mila immigrati che - secondo un'indagine della Uil - perderanno il posto di lavoro nel corso del 2009, senza più rientrare in tale mercato, a causa della crisi economica. Arrotondando per difetto ecco che si arriva alla cifra di 500mila individui. Una cifra astronomica, destinata a salire con i nuovi arrivi che la linea dura del governo non riesce ad arrestare (checché se ne dica, le frontiere restano un colabrodo). Tutti irregolari che, se fermati dalle forze dell'ordine (magari per la denuncia di un infermiere o di un qualsiasi pubblico ufficiale), verranno giudicati per direttissima, prima di ricorrere in Cassazione (col rischio di ingolfare il nostro già elefantiaco sistema giudiziario) e di multarli di 5mila o 10mila euro per il reato di soggiorno clandestino.
Qualcuno in questi mesi ha paventato l'idea di un'espulsione di massa. Ma, nei numeri, tale ipotesi è irrealizzabile. Per riuscirvi bisognerebbe costruire migliaia di Cie (quelli attuali non bastano nemmeno per 2.000 persone), fare oltre mille processi, ingaggiare una flotta aerea per il ripatrio, stipulare nuovi accordi con i paesi di provenienza, e così via. Per quanto riguarda i nuovi irregolari, invece, cioè quelli che lo sono diventati dopo aver perso il lavoro a causa della crisi, l'esperienza spagnola ci dimostra che il rimpatrio contro pagamento da parte dello Stato di una tantum, non funziona.
Che accadrà, dunque, a questi 500mila 'criminali' che scorrazzano per la Penisola? Per gli italiani nulla. Li usereranno come hanno sempre fatto: nelle fabbriche, nei cantieri e nel commercio. 'Invisibili' lavoratori in nero. 'Pezzenti' senza diritti. Ma per gli immigrati la vita sarà ancora più dura. Costretti, più di prima, a nascodersi negli angoli bui della nostra società. Impauriti dalla possibilità sempre presente di essere denunciati e rispediti al mittente. Quando anche andare al bar per un caffè o al mercato a fare la spesa significa sfidare la sorte.

I.M.

mercoledì 12 agosto 2009

La guida di Repubblica.it per regolarizzare colf e badanti

Colf, i pagamenti dal 21 agosto. Tutte le regole per la sanatoria

a cura di Federico Formica(La Repubblica)

Scatterà da venerdì 21 la possibilità di pagare i 500 euro di contributo per la regolarizzazione di colf e badanti, anche se la richiesta per la regolarizzazione potrà essere presentata solo dal primo al 30 settembre. Ma come funziona e quanto costa il procedimento? Ecco tutto quello che dovete sapere

Quanto tempo ho per regolarizzare la mia badante?
La richiesta di regolarizzazione deve essere presentata tra l'1 e il 30 settembre 2009.

Dove posso compilare la domanda?
La procedura è esclusivamente online. Sul sito del ministero dell'Interno si potranno scaricare le domande e, una volta compilate, spedirle.

Se invio la mia domanda negli ultimi giorni di settembre ho meno possibilità che venga accolta rispetto a chi l'ha spedita prima di me?
A differenza degli anni scorsi, non c'è alcun click-day né graduatorie a tempo né quote: chi invia la documentazione il 30 settembre è sullo stesso piano di chi la invia il 2 settembre.

Ho assunto la mia badante extracomunitaria a maggio 2009 e adesso vorrei regolarizzarla, è possibile?
No. Si possono presentare le domande di regolarizzazione solo per quei lavoratori che erano occupati da almeno 3 mesi al 30 giugno 2009. Come minimo, il proprio collaboratore domestico deve aver lavorato “in nero” dal 30 marzo 2009.

Quali sono i requisiti necessari per regolarizzare una colf?
Per le famiglie monoreddito è necessario aver dichiarato almeno 20.000 euro; per le famiglie con più di un reddito la soglia minima è fissata a 25.000 euro. L'anno di riferimento per la dichiarazione dei redditi è il 2008.

Quali sono i requisiti necessari per regolarizzare una badante?
Può presentare la domanda solo chi non è autosufficiente. Per dimostrarlo, bisogna farsi rilasciare un certificato dalla Asl o da un medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale.
Chi è stato riconosciuto come invalido già prima di aver assunto la badante, dovrà presentare solo la dichiarazione di invalidità civile.

Quanto devo pagare e entro quale scadenza?
Prima di iniziare la procedura sul sito del ministero dell'Interno bisogna pagare 500 euro per ciascun lavoratore dichiarato. Si può pagare attraverso il modulo F24, scaricabile dal sito dell'Agenzia delle entrate.
I codici da indicare per il pagamento sono RINT, per l'emersione di lavoratori italiani e comunitari, e REXT per l'emersione di lavoratori extracomunitari. Nel nuovo campo "elementi identificativi" occorre riportare il codice fiscale del lavoratore o, qualora questi ne sia sprovvisto, i primi 17 caratteri del numero di un valido documento di identità.

Oltre all'F24 devo sostenere qualche altra spesa?
Sì, bisognerà acquistare una marca da bollo da 14,62 euro. Si trovano in tutte le tabaccherie e presso i rivenditori di valori bollati. Al momento di compilare la domanda online verrà chiesto di inserire il numero del codice a barre stampato sulla marca da bollo.

Nel momento in cui scarico il documento per la domanda dal sito, devo compilarla e inviarla subito?
No, è possibile scaricare la domanda per poi compilarla e inviarla con calma. L'importante è rispettare la scadenza del 30 settembre.

Una volta inviata la domanda cosa mi resta in mano?
Come prima cosa arriverà una email di conferma. La data contenuta nella mail farà fede per verificare il rispetto della scadenza. Sul sito del ministero dell'Interno, nella sezione “elenco domande inviate”, si potrà scaricare e stampare la ricevuta della propria richiesta di regolarizzazione. Una copia della ricevuta dev'essere consegnata anche alla colf/badante.

Sono un cittadino dell'Unione Europea ma ho la residenza in Italia, posso inviare la mia dichiarazione?
Sì.

Sono un cittadino extracomunitario e vorrei regolarizzare la mia colf/badante, posso farlo?
Sì, se è in possesso di un titolo di soggiorno nella comunità europea di lungo periodo.

Quanti lavoratori può regolarizzare un singolo nucleo familiare?
Una famiglia può presentare domanda di regolarizzazione per 3 lavoratori al massimo: una colf e due badanti.

Mentre attendiamo l'esito della procedura di regolarizzazione, io e il mio collaboratore domestico irregolare siamo considerati fuorilegge?
No. Eventuali procedimenti penali e amministrativi per il reato di immigrazione clandestina saranno sospesi fino al termine della procedura, quindi fino al 30 settembre 2009. Una volta ottenuta la regolarizzazione, i reati sono estinti.

Una volta che la richiesta viene accettata cosa bisogna fare?
Con la vostra colf/badante dovrete presentarvi allo Sportello unico per l'immigrazione (dopo aver ricevuto la convocazione), per verificare le informazioni rese online (incluso il pagamento dei 500 euro e della marca da bollo) e per presentare la dichiarazione dei redditi 2008 e i certificati medici. Se è tutto a posto, viene subito firmato il contratto di soggiorno.
Al lavoratore verrà consegnato il modulo 209 da presentare all'ufficio postale. Il datore di lavoro potrà dichiarare l'assunzione direttamente allo Sportello; la domanda deve comunque pervenire entro 24 ore dalla firma del contratto di soggiorno.

È possibile che la mia domanda, correttamente inviata, venga rifiutata?
Sì, è possibile se la Questura si oppone al rilascio del permesso di soggiorno. Non possono essere regolarizzati (e possono essere espulsi anche prima del 30 settembre) i lavoratori extracomunitari già sottoposti a provvedimenti di espulsione; il cui ingresso nel paese è proibito anche in base ad accordi internazionali; condannati, anche con sentenza non definitiva.

Che succede se la mia domanda viene rifiutata?
Il rapporto di lavoro con la vostra colf/badante irregolare verrà considerato a tutti gli effetti un reato. I 500 euro pagati all'Agenzia delle entrate non vi verranno restituiti.

Obama promette nuova legge su immigrazione e cittadinanza


Mentre in Italia Bossi, Maroni, Mantovano e i loro accoliti studiano come rendere impossibile la vita agli immigrati (regolari e non), a Guadalajara Barack Obama ha incontrato i leader di Messico e Canada per discutere la spinosa questione dell'immigrazione. Durante il colloquio, Obama ha promesso al suo omologo messicano Felipe Calderon e al primo ministro canadese Stephen Harper, che la sua amministrazione riformerà interamente la legislazione in materia d'immigrazione, e che sarà più agevole ottenere la cittadinanza anche per i 18 milioni di 'clandestini' che, si stima, vivano negli Usa - la maggior parte ispanici che la barriera d'acciaio alta tre metri che va da Tijuana a San Yisidro non è riuscita a fermare. "C'è bisogno di un percorso verso la cittadinanza per milioni di immigrati illegali negli Stati Uniti, e il sistema deve essere rivisto - ha detto Obama in conferenza stampa a conclusione del vertice - Possiamo creare un sistema che regoli l'ingresso delle persone dando anche l'opportunità a coloro che si trovano già negli Stati Uniti di ottenere la cittadinanza in modo che non siano più costretti a vivere nell'ombra". Una bozza della legislazione sarà pronta entro la fine dell'anno, ma non si farà nulla prima del 2010 perchè, come ha riportato il Washington Post, in agenda ci sono questioni più pressanti, come la riforma del sistema sanitario.

Per saperne di più sulle nuove norme italiane - entrate in vigore dall'8 agosto '09 - per acquisire la cittadinanza, cliccate qui

Alemanno e lo stupro nel cassetto



Prendersela con gli immigrati per guadagnare consensi sembra essere lo sport preferito del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Che già un anno fa arrivò in Campidoglio sulla scia di una crisi di nervi conseguente allo stupro-omicidio della signora Reggiani, avvenuto nei pressi della stazione ferroviaria di Tor di Quinto per mano del 26enne cittadino romeno Nicolae Romulus Mailat, poi condannato all'ergastolo.
Ora che il gradimento nei confonti della Giunta capitolina è a un passo dal tracollo (poco più del 40%, secondo l'Ipsoe), ecco che il Primo cittadino della Città Eterna tira fuori dal cassetto il suo cavallo di battaglia: la paura verso lo stupratore immigrato. Argomento buono per tutte le stagioni, anche per chi sta sotto l'ombrellone dimentico delle brutture di questo mondo. In primis, di Alemanno, che non ha trovato di meglio che scaldare la già torrida estate mettendo in guardia i cittadini italiani dal rischio "di un aumento della violenza sessuale" dovuto anche "dagli atteggiamenti da parte di aree di immigrati che vedono in una cultura arcaica la donna come un oggetto di dominio".
Provate per un momento a immaginarli questi italiani sotto l'ombrellone che, dopo aver letto la dichiarazione di Alemanno sul giornale, sobbalzano dal lettino e con uno sguardo ammonitore intimano alla moglie o alla figlia di allontanarsi dall'ambulante di turno, solitamente un omone nero con turbante in testa e infradito ai piedi, intento a vender loro cocco-bello, collanine od occhiali da sole. Non si sa mai: sotto a quel turbante potrebbe nascondersi un islamico troglodita che disprezza le donne, che usa il cocco-bello come cloroformio per addormentare le vittime e impossessarsene sotto la doccia dello stabilimento.
Non ci si può fidare di nessuno. E tantomeno di Alemanno, che per tutto l'anno non ha fatto altro che raccontarci quanto la città di Roma, con un paladino come lui in Campidoglio, sia diventata più sicura. A onor del vero, la Città Eterna è da almeno tre anni che è la capitale d'Europa con il più basso numero di denunce per stupro - così dicono i dati di una ricerca presentata nello scorso febbraio dal Ministero dell'Interno. Dati che, inoltre, danno in calo il reato di violenza sessuale e che, c'informano, su 10 stuparori 5 sono italiani e 3 romeni. Dunque, a ben vedere non c'è nemmeno un extracomunitario troglodita o musulmano. Che secondo lo stereotipo dovrebbero rientrare tra coloro che, come dice Gianni Alemanno, "vedono in una cultura arcaica la donna come un oggetto di dominio".
Ma quanto tempo dovranno attendere i romani per avere un nuovo Ernesto Nathan? Ad maiora.

martedì 11 agosto 2009

Firmata sanatoria solo per colf e badanti

Maroni&Sacconi hanno firmato la sanatoria per 500mila colf e badanti, che dal 1 settembre potranno mettersi in regola al costo di 500euro, dimenticandosi dei 300-350mila irregolari impegnati nell'edilizia, nella ristorazione, nel settore alberghiero e nell'agricoltura. Tanta gente onesta - lavoratori, non delinquenti - che dall'8 agosto è, agli occhi un po' strabici dello stato, colpevole del reato di clandestinità. Chi verrà 'beccato' dalle forze dell'ordine dovrà pagare un'ammenda che va da 5mila euro a 10mila, affrontare un processo per direttissima, essere rinchiuso nei Cie - che non sono proprio dei villaggi vacanze – per 18 mesi e poi, se gli accordi con il paese d'origine lo consentono, essere espulso e rispedito al mittente. Anche se il tuo Paese d'origine non lo conosci e non parli la sua lingua perché non ci sei mai stato in vita tua.

Già, perché in Italia per essere un irregolare non è mica necessario aver passato illegalmente la frontiera. Puoi anche esserci nato in Italia, parlare il romanaccio o il bergamasco, dire “vacca boia” o “andate a cagare”. Ma se non sei figlio di uno che ha almeno una goccia di sangue italiano, italiano non lo diventerai mai o quasi. Hanno più diritto di te i nipoti di Al Capone che l'Italia, forse, l'hanno vista solo su google, piuttosto che tu che ci abiti, ci vivi e ci lavori in nero visto che quel criminale del tuo datore di lavoro non ha voluto metterti in regola. Col tuo lavoro nero ci guadagna troppo. Oppure, e sono cose che accadono più di quanto uno creda, non hai il permesso non perché il tuo datore di lavoro non voglia ma perché lo stato ti mette i bastoni fra le ruote. Stabilendo quote troppo basse negli annuali Decreti Flussi, oppure, come stanno facendo Maroni &Sacconi, firmando una sanatoria che apre ad una categoria (colf e badanti) e chiude, inspiegabilmente, ad altre che avrebbero, secondo logica, pari dignità e diritti.

Il governo, per spiegare questa discriminazione che colpisce benzinai, muratori e lavapiatti, ha detto che a differenza di colf e badanti, questi immigrati fanno lavori che li mettono in concorrenza con gli italiani! Assurdo. Prima di tutto è assurdo dividere i lavoratori per razza. Un lavoratore è uno che offre il proprio lavoro, punto e basta. Ma anche volendo entrare nel merito di un ragionamento pazzesco, c'è da chiedersi quale italiano andrebbe a lavare i piatti se non sotto la minaccia di una pistola? O Berlusconi sa che la crisi economica sarà, contrariamente a quanto dice, tanto nera da portare l'Italia a livelli di reddito pro-capite simili all'Est Europa, oppure parlare di concorrenza tra stranieri e italiani, che senso ha? Oltretutto, non regolarizzando questi 350mila lavoratori, si è stimato che le casse dello stato perderanno 1,5 miliardi di euro, risorse che potrebbero essere usate per rinvigorire gli ammortizzatori sociali o sviluppare programmi di sostegno contro la disoccupazione giovanile.

No!, alla premiata ditta Sacconi&Maroni interessa tutelare quel migliaio, forse meno, di italiani che desiderano fare i lavapiatti ma che non possono farlo perché la concorrenza degli stranieri è troppo grande. Oppure, chissà, forse Maroni&Sacconi hanno capito che una volta che il Cavaliere avrà concluso la sua parabola politica, a loro non resterà che andare in Friuli a cogliere uva sultanina in concorrenza con indiani e bangladesi. E allora meglio eliminarli prima questi terroni d'Asia. Del resto, come dicevano i Romani: mors tua vita mea. Vi sembra un'ipotesi ridicola? Beh, effettivamente lo è. Ma non meno delle motivazioni che il governo ha dato per spiegare perché colf e badanti possono sanare la propria posizione, mentre agli altri lavoratori no.

lunedì 10 agosto 2009

Giustiniani vs Allam. Scontro di civiltà in salsa italiana


Sicuramente non passerà alla storia come il botta e risposta tra Pasolini e Calvino - lì l'oggetto del contendere era l'atteggiamento verso i fascisti -, spesso citato come un momento alto, irripetibile, della dialettica di due fra i massimi intellettuali dell'Italia degli Anni 70. E' certo però che la discussione tra il giornalista del 'Messaggero' esperto d'immigrazione, Corrado Giustiniani, e l'ex vice direttore del Corsera, ora deputato del Parlamento europeo nelle file dell'Udc, Magdi Cristiano Allam, ha suscitato vasta eco nella blogosfera. Letteralmente preso d'assalto il blog di Giustiniani, 'I nuovi italiani', moltissimi i lettori (252 finora) che hanno voluto dire la propria opinione: tra i commentatori, persone comuni, ma anche politici e studiosi dell'islam. L'oggetto della disputa? Un commento di Allam apparso su 'Panorama' che critica l'articolo del 6 luglio del giornalista del Messaggero, dal titolo "I musulmani in Europa? Pacifici" e nel quale vengono mostrati i dati di una ricerca Gallup secondo cui 9 musulmani su 10 che vivono in Europa respingono la violenza come mezzo di lotta politica. Per il deputato Udc, Giustiniani sarebbe 'vittima' dell'islamicamente corretto e tenderebbe a minimizzare il pericolo del terrorismo di matrice islamica.
Al di là di dove stia la ragione o il torto, mi sembra che questo botta e risposta abbia avuto il merito di rinfocolare il dibattito su di un argomento chiave dell'Italia e dell'Europa del futuro. Dunque, consigliamo a tutti di leggere i tre articoli e i commenti dei lettori - per una volta, tutt'altro che banali - perché è solo attraverso il confronto che si formano le idee e si cresce collettivamente.

Link:

http://www.magdiallam.it/node/519

http://www.ilmessaggero.it/home_blog.php?blg=P&idb=581&idaut=11

sabato 8 agosto 2009

Tutti vogliono l'asilo dei neri


Torino, decine di italiani in lista d'attesa per iscrivere i figli nel quartiere multietnico

di Emanuela Minucci (La Stampa)

TORINO - Negli Anni Novanta era «l’asilo dei neri», quello dove nessun genitore italiano avrebbe voluto iscrivere il proprio bambino: scuola materna Bay di Torino, quartiere San Salvario, la zona più multietnica della città, che quindici anni fa convinse i residenti a scendere in strada armati di spranghe, per difendersi da «quei bastardi di immigrati».

Bene, oggi quelle stesse classi ad alto tasso di occhi a mandorla e pelle nera (il 60per cento dei bambini è straniero) sono diventate uno status symbol per gli italiani. Il piccolo asilo che negli Anni Novanta chiese l’aiuto del Comune per finanziare progetti speciali in grado di attutire i conflitti che precedono l’integrazione, da qualche giorno non sa come fronteggiare le richieste in arrivo dai genitori italiani che oltretutto vivono in altri quartieri: «Abbiamo 62 posti e una lista d’attesa di altri 75 con domande che arrivano da tutte le zone della città», spiega la direttrice didattica Marica Marcellino.

La dirigente aggiunge con un sorriso: «Evidentemente ormai sono in tanti ad aver capito che la multietnicità, se trattata come un valore aggiunto, dà i suoi frutti». Uno di questi risultati è l’amicizia che lega Melody ad Andrea, stesso sorriso sotto la fotografia che all’asilo Bay personalizza il loro mini-guardaroba. La scuola materna sta a due passi dalla stazione di Porta Nuova, ieri crocevia dello spaccio, oggi quartiere cool di locali che fanno tendenza.

Melody ha cinque anni e arriva dalla Costa D’Avorio, Andrea, suo coetaneo, arriva da un appartamento del centro. Sono già così amici che appena sono stati capaci di scrivere il loro nome si sono mandati una cartolina dal mare. E anche i loro genitori hanno cominciato a frequentarsi. Il legame fra i due piccoli compagni d’asilo è simbolo di una realtà che nel giro di dieci anni si presenta capovolta. Alla fine degli Anni Novanta i torinesi fuggivano da San Salvario e gli affitti crollavano. Oggi i genitori residenti in eleganti quartieri come la Crocetta (con gli asili ancora ben poco misti) si mettono pazientemente in lista d’attesa per iscrivere i propri bambini alla scuola materna Bay, dove l’integrazione diventa crescita collettiva.

E così, ieri, l’assessorato all’Istruzione del Comune di Torino si è ritrovato fra le mani una statistica rivoluzionaria. «Questi dati dimostrano - racconta l’assessore Giuseppe Borgogno - che in questa scuola sono riusciti a trasformare l’alto tasso di stranieri in opportunità. E i genitori se ne sono accorti. Così, grazie a un potente passaparola, a quell’asilo ormai vogliono iscriversi un po’ tutti». Aggiunge: «Un gran bel risultato nei confronti di chi (i deputati di An, ndr), soltanto l’anno scorso predicava la necessità del numero chiuso per gli stranieri».

E un gran bel risultato soprattutto se si pensa che soltanto l’anno scorso, per un quartiere come Porta Palazzo (dove il tasso di non italiani in qualche scuola è arrivato al 100 per cento) sempre il Comune di Torino aveva lanciato l’allarme: i genitori lasciavano quel quartiere perché volevano iscrivere i loro figli in scuole dove gli italiani non fossero la nuova minoranza.

Ora, a San Salvario la tendenza è, appunto, opposta. E l’impennata di richieste d’iscrizione riempie di orgoglio la direttrice didattica, Marica Marcellino: «Credo che la nostra scuola - chiarisce camminando nel cortile multicolore dell’asilo - si sia meritata un simile riconoscimento perché qui siamo stati in grado di realizzare progetti davvero unici, pensi per esempio al “Tappeto volante”, messo in campo con l’aiuto del Museo d’Arte Contemporanea di Rivoli, che utilizza l’arte come mezzo di comunicazione universale capace di unire le diversità esaltando il valore aggiunto di queste differenze». Sempre all’asilo Bay si sono sperimentati tanti altri progetti, come la «Festa del Bianco, il colore in cui si annullano tutte le altre tinte», percorso festoso che parte dalla trasformazione dello spazio (si colorano le pareti, i bambini si cuciono addosso carta candida) e si conclude con il cibo bianco: riso dolce, biscotti coperti di zucchero a velo, meringhe, pane arabo.

«Ecco, questa è la nostra scuola - conclude la direttrice - abbiamo trasformato le differenze in valore aggiunto, crediamo che una classe che parla più lingue comporti un arricchimento, non un ostacolo. E la gente nel giro di dieci anni ha capito il messaggio».

Torino non è nuova a far parlare di sé, al capitolo scuola multietnica. L’anno scorso in una scuola di Porta Palazzo debuttò un registro di classe che era meglio del poster-cult di Benetton. Un allievo con gli occhi a mandorla, l’altro che più biondo non si può: United Colors of School, insomma. Lì, a due passi dalla Mole Antonelliana, si era battuto il record dell’integrazione fra i banchi: quindici a zero, mondo al centro. Ora gli stranieri giocano la loro prima partita in casa.

«Ho paura, sono clandestina». E si butta al fiume


di Stefano Milani (Il Manifesto)

Oggi per la legge italiana sarebbe un illegale. Un fantasma senza diritti, una di quelle a cui consegnare un foglio di via e farla ritornare da dove è arrivata. Sarebbe, perché Fatima non c’è più. Si è suicidata gettandosi nel fiume Brembo a Ponte San Pietro, vicino Bergamo. «Il pensiero di essere clandestina la terrorizzava», ripete Mohamed giustificando così il gesto estremo di sua sorella. Che magari non avrebbe tollerato il pensiero di essere sorpresa da qualche ronda malintenzionata mentre camminava per le strade del suo paese.
Ventisette anni, marocchina e un sogno diventato ossessione: «Essere italiana a tutti gli effetti». E a tutti i costi. Lo ripeteva da tempo, confida suo fratello, «ma negli ultimi giorni le è venuta un’ansia particolare. Aveva letto sui giornali la storia del reato di clandestinità e l’idea di doversi separare da noi non la faceva dormire la notte». Da cinque anni viveva nel Bergamasco con i due fratelli e i genitori. Tutti regolari, tranne lei. E questa cosa «non la faceva dormire». Ha provato in vari modi ad ottenere la cittadinanza italiana «ma le hanno chiuso tutti la porta in faccia», dice Mohamed. Avrebbe potuto chiedere il ricongiungimento (visto i fratelli regolari), ma nessuno ha mosso un dito per sanare la sua posizione.
Senza un lavoro e senza amici la sua era una non vita. L’unico contatto col mondo esterno lo aveva grazie ad un’amica della madre da cui andava spesso. E da lei aveva detto di andare anche giovedì scorso, quando è uscita da casa per l’ultima volta. Il suo corpo è stato ritrovato ieri, notato sotto un ponte da alcuni passanti. Sui veri motivi della morte di Fatima, però, i carabinieri sono cauti. La paura di essere espulsa può essere solo uno degli aspetti, dicono, che l’hanno portata a compiere il gesto. La ragazza, fanno sapere gli uomini dell’Arma, soffriva di «problemi psichici» che probabilmente hanno «aggravato» la situazione. Smentiti però dal fratello: «Aveva solo dei forti dolori di pancia». Per questo andava spesso all’ospedale cittadino, presentandosi con l’identità di sua sorella (regolare e che vive altrove) ma i medici non avevano trovato nulla che non andasse.
Ma senza stare tanto a soffermarsi sulla causa scatenante che l’ha spinta al suicidio, quella di Fatima rimane comunque una storia a forte impatto emotivo. Arrivata a poche ore dall’entrata in vigore del pacchetto sicurezza e dopo mesi di campagna mediatica anti-clandestina messa in campo dal governo. Una storia «che mostra in modo drammatico quale sia la realtà della vita per molti immigrati, che spesso rimane sotto silenzio», così Livia Turco, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera. Dalla maggioranza, invece, nessuna parola. La tragica morte di un clandestino non merita neanche di essere commentata.

venerdì 7 agosto 2009

Tremaglia: "Negli extracomunitari vedo le facce dei nostri nonni"


Strani incroci temporali. Per combinazione, domani, 8 agosto, è il giorno dell'anniversario della tragedia di Marcinelle, che provocò 262 morti di diverse nazionalità, tra cui 136 italiani. Ma l'8 agosto è anche il giorno in cui entrerà in vigore la legge che, tra le altre cose, immette nell'ordinamento italiano il reato di clandestinità.

Cinquantatre anni dopo Marcinelle, l'Italia è diventata terra d'immigrazione piuttosto che d'emigrazione. Gli immigrati, fino a qualche anno fa considerati una risorsa, sono oggi il capro espiatorio, panacea di tutti i mali che attanagliano il Belpaese: produttori d'insicurezza sociale, di criminalità, oppure venuti a rubare il lavoro e le case agl'italiani; e anche furbi e miserabili che usufruiscono indebitamente dello stato sociale oppure che si fanno beffe delle libertà concesse loro. Li conosciamo bene questi stereotipi e sappiamo quanta parte abbia avuto una certa politica che punta a stimolare le parti basse degl'italiani nel radicarli nell'immaginario collettivo. Pregiudizi duri da scalfire quanto un pezzo di granito, che a molti hanno fatto dimenticare quando eravamo noi italiani i migranti, i lavoratori sfruttati, i 'pezzenti', i clandestini. Figli di una terra che non dava frutti, e per questo costretti ad abbadonarla per andare a cavare carbone centinaia di metri sottoterra - sognando i verdi monti abruzzesi o immaginando l'odore dei limoni siciliani - in cambio di un tozzo di pane che l'odio di chi ti aspettava in superficie rendeva difficile da digerire.

Mi ha molto colpito che, in questi giorni, a difendere i diritti di chi è arrivato in Italia coltivando il sogno di una vita migliore, sia stato un anziano esponente della destra come Mirko Tremaglia. Uno che aderì alla Repubblica sociale italiana dopo l'8 settembre '43, e che poi, finita la guerra, divenne dirigente dell'Msi, poi di AN che gli regalò il Ministero per gli italiani nel mondo nel governo Berlusconi II. Da una persona con un curriculum del genere mai mi sarei aspettato una parola in favore degli immigrati. E invece, sentite che frase a effetto ha tirato fuori dal cilindro Tremaglia in un'intervista rilasciata al Secolo d'Italia qualche giorno fa: "E' sbagliato fare della clandestinità un reato- ha detto- Nelle facce degli extracomunitari si leggono la disperazione e le illusioni dei nostri nonni". Passato, presente e futuro che si mescolano. E per Tremaglia sono solo applausi.

I.M.

giovedì 6 agosto 2009

Viminale: "No reato clandestinità per badanti non in regola"

(AGI) - Roma, 5 ago. - Il reato di clandestinita’ che entrera’ in vigore da sabato, non riguardera’ le 300.000 assistenti familiari irregolari, le cosidette badanti. Lo ha detto il prefetto Mario Morcone, capo dipartimento immigrazione e liberta’ civili del Viminale, intervenendo a Radio Anch’io. “Non rischiano nulla, ne’ lavoratore, ne’ datore di lavoro - specifica Morcone - non ci sara’ nessun limite di quota per la procedura di emersione dal lavoro nero delle badanti. C’e’ tempo e spazio per tutti coloro che ne hanno diritto dal 1 al 30 settembre”.

mercoledì 5 agosto 2009

Treviso: CittadinanzAttiva organizza curs de lumbard per terùn

Dalla "gazebata di Costamasnaga", appuntamento imperdibile per padani veraci dov'è è nato il motto "Sì alla polenta, no al cous cous", all'uso del lùmbard a scuola e al cinema, il passo è stato breve. Fin troppo. E stavolta l'ipotesi che la Lega, più che un partito politico, sia l'unico eremo scampato alla legge Basaglia, appare credibile come non mai.
E così, seguendo lo slogan "una risata vi seppellirà", a Treviso l’associazione CittadinanzAttiva sta organizzando un corso di dialetto veneto per cittadini immigrati che partirà a settembre. Insomma, un curs de lùmbard per terùn; un'iniziativa che appare tanto più goliardica se si considera che verrà realizzata in una terra in cui da almeno un ventennio spadroneggia lo 'sceriffo' Gentilini, un simpaticone di 100 kili, ideologo della "razza Piave" e del Lebensraum padano, che per alcune sue dichiarazioni xenofobe è stato rinviato a giudizio per istigazione all’odio razziale. A quanto sembra, la proposta di CittadinanzAttiva sta riscuotendo grande consenso, a dimostrazione che gli unici in Italia ancora dotati di sense of humour sono i non italiani. Per il resto, meglio mettersi le mani fra i capelli.

I.M.

Disegnini per Gasparri

Occhio di falco Gasparri colpisce ancora. Anche "er sor Maurizio", che nemmeno d'estate si prende una pausa da sé stesso, è entrato ieri nella polemica contro Scajola, il quale aveva chiesto al suo governo di allargare la sanatoria per colf e badanti anche ad altre categorie di lavoratori. "Sull'immigrazione ci sono norme chiare. La Fini-Bossi con le quote di ingresso programmate- ha detto il capogruppo del Pdl al Senato- Ora norme piu' severe contro i clandestini. Dopo la regolarizzazione di colf e badanti non c'e' spazio per altre norme di apertura. La questione non la pone solo la Lega ma anche il Pdl che rispetta il programma proposto agli elettori. Sorprende l'inutile insistenza sul tema".
Chi sarà in grado di spiegare a Gasparri che quella che lui chiama "inutile insistenza sul tema" è tutt'altro che inutile, visto che con la regolarizzazione di oltre 350 mila immigrati impegnati in edilizia, nel commercio (alberghiero e della ristorazione) e in agricoltura ci sarebbero nuove entrate per lo stato di 1.3 milioni di euro in quattro anni? Soldi che, come ha detto anche il Segretario confederale Cisl, Liliana Ocmin, "sarebbero utili alle casse delle stato in un momento di crisi così profondo come quello attuale a fronte delle tante richieste di intervento attraverso gli ammortizzatori sociali, e che eviterebbe discriminazioni tra lavoratori e lavoratrici".
Ma tutto questo, come si fa a spiegarlo a uno come Gasparri? Che sia necessario ricorrere ai disegnini? Forse, visto che lui è già la caricatura di un politico...

I.M.

martedì 4 agosto 2009

Zaia e Maroni contro Scajola. Il centrodestra si spacca sull'immigrazione

A leggere le dichiarazioni in materia d'immigrazione del ministro per le politiche Agricole e Forestali, Luca Zaia, ci si rende conto ancora una volta del profondo scarto esistente tra un certo modo di fare politica e quel minimo di buonsenso necessario per chi ha a cuore le sorti della democrazia in Italia.

Rispondendo alla proposta avanzata nei giorni scorsi da Scajola di allargare la sanatoria per colf e badanti anche ad altre categorie di lavoratori immigrati sprovvisti del regolare permesso di soggiorno, e che vivono proprio per questo una situazione di disagio e sfruttamento, Luca Zaia si è detto fermamente contrario alla cosa. "Bisogna evitare il rischio- ha detto il ministro- di andare a legalizzare ballerine o prostitute" (Chissà che non si riferisse alle escort ospitate in gran numero a Villa Certosa...).

Al di là dei significati più o meno occulti della dichiarazione di Zaia (chi l'ha capita mi faccia il piacere di spiegarmela), che forse voleva essere solo una battuta umoristica a cui ha riso solo lui, è chiaro l'ostracismo verso una proposta (come quella, appunto, fatta da Scajola) favorevole all'emersione e regolarizzazione di centinaia di migliaia di lavoratori preda, non tanto del lavoro nero, quanto di alcuni meccanismi di esclusione insiti nel sistema di reclutamento di manodopera straniera. Un meccanismo che non permette, anche a chi ne avesse la possibilità, di mettersi in regola solo perché, ad esempio, la domanda di nulla osta lavoro non è rientrata nel decreto flussi.

Eppure, l'emersione di questi lavoratori produrrebbe benefici non solo agli immigrati, ma anche alle casse dello Stato. Come ha detto stamane Guglielmo Loy, capo di Uil/Immigrazione, "solo in termini fiscali, si avrebbe un introito per lo Stato di quasi 400 milioni di euro l'anno, senza contare i contributi previdenziali. Risorse che- ha aggiunto Loy- potrebbero essere utilizzate per rimpinguare il fondo ammortizzatori sociali e, quindi, aiutare anche i lavoratori italiani colpiti dalla crisi".

Lo stesso Scajola, oggi, ha provato a spiegare a molti dei suoi colleghi del centrodestra che lo hanno criticato, le ragioni della sua proposta, dicendo che il suo è stato un ragionamento "non ideologico ma pragmatico", dettato dalle "preoccupazione per i possibili danni che si procurerebbe a molte piccole e medie imprese soprattutto del centro-nord non tenendo conto del problema". "Non pensavo di suscitare tante discussioni", ha poi aggiunto il ministro per lo Sviluppo economico dopo il niet di Maroni e la levata di scudi della Lega.

In positivo registriamo che, almeno, sull'argomento si è aperta una breccia nel centrodestra. Che speriamo, col tempo, possa diventare una voragine. Anche se, purtroppo, sappiamo bene che l'ultima parola spetta al capo del governo, il cavalier Silvio Berlusconi, da tempo immobile di fronte alla linea xenofoba della Lega. E preoccupato solamente di mettere il bavaglio alla Magistratura e a chi fa informazione al di fuori dei suoi canali.

I.M.

Ronde e identità nazionale

Le norme sulla sicurezza: il collante è l’intolleranza, un’idea perversa di cittadinanza, un’identità nazionale debole.

di Nadia Urbinati (La Repubblica)

La cultura politica che fa da collante delle norme che compongono la nuova legge sulla sicurezza è l’intolleranza e l’idea illiberale che la cittadinanza sia un privilegio che può essere usato a discrezione della maggioranza allo scopo di individuare e allontanare o colpire i nemici della nostra "civiltà". Chi abbia voglia e tempo di scorrere i vari blog che commentano (e molto spesso difendono) la legge potrà trovare due argomenti che tornano regolarmente: innanzi tutto che l’istituzione delle ronde è un provvedimento che intende far fronte non tanto alla sicurezza in senso generico, ma invece al rischio di insicurezza che viene dagli immigrati, un rischio che infatti si presume alto nelle aree metropolitane dove gli immigrati vivono più numerosi; in secondo luogo che questi provvedimenti "duri" siano una risposta legittima della nazione italiana nel tentativo di difendere la sua propria identità cristiana. Il paradosso di questi due argomenti è che contengono un messaggio che mette in evidenza la debolezza, non la forza, della nostra identità nazionale. L’esatto contrario di quanto la propaganda di governo proclama.

Il primo argomento è frutto di un ragionamento che è assolutamente pregiudiziale oltre che facilmente disposto al razzismo: esso presuppone una relazione causale tra la sicurezza e la presenza di persone riconoscibili come non italiani. Ma occorrerebbe riuscire a capire quali dati esteriori verranno utilizzati per decretare a occhio nudo - quello delle ronde - chi è italiano e chi no, visto che gli italiani non sono propriamente tutti alti, biondi e con gli occhi azzurri, né che d’altra parte tutti gli extra-comunitari sono vestiti con tuniche o turbanti. L’assunto che sta dietro questa brutta legge è che il dato esteriore è sufficiente a creare una situazione di allerta – e il dato esteriore è quello che pertiene a come un individuo si mostra al passante (e a chi fa parte delle ronde che cammina per le strade alla ricerca di fatti e persone sospette). Sarebbe utile sapere quali istruzioni verranno date ai rondisti; se per esempio verranno istruiti secondo "profili" razziali o etnici; e chi crea questi profili e su quali dati etnografici. E sarebbe ancora più interessante sapere se chi farà parte delle ronde debba essere edotto delle tradizioni regionali di tutta l’Italia per non incorrere nel rischio di considerare straniero e quindi meritevole di sospetto chi proviene, per esempio, dalla Lucania (come si legge in uno spassosissimo blog che propone che per iscriversi alle ronde lucane sia necessario essere dotati "di armi a proiettili sonori (zampogne, tamburelli, arpe, organetti, cupa cupa) e biochimiche (salsicce, aglianico, formaggio di moliterno, provolone di podolica, ecc...)... e essere in grado di fare secondo l’uso antico Strascinati e ragù, peperoni cruscchi, susamele, Zafarata e Strazzata". Se non fosse per le implicazioni illiberali e razziste, questa legge meriterebbe di essere sepolta con una risata.

Il secondo argomento è più serio ma anch’esso mostra quanto sia complicato definire in che cosa consista la nostra identità nazionale. A favore di questa legge e del pregiudizio contro la multiculuralità, si legge spesso che l’Italia ha il diritto di difendere la propria identità culturale la quale è cattolica. L’invasione di altre "razze" e "fedi" genera una pericolosa commistione che può alla lunga portare al relativismo ovvero alla fine dell’indiscussa "nostra tradizione cristiana" e quindi anche della "nostra civilità nazionale". Dove è interessante vedere che l’Italia pare avere una identità solo nella sua religione – del resto, come abbiamo visto sopra, le tradizioni nostrane sono così tante e diverse che parlare di una cultura nazionale omogenea è a dir poco insensato. Quindi, rispetto al nostro pluralismo culturale (sul quale i leghisti hanno costruito il loro successo), la religione pare la sola nostra unità di cultura. L’esito di questo discorso è molto dubbio perché può giustificare una politica dell’intolleranza religiosa (non è forse vero che in alcune nostre città chi vuole pregare Hallah deve arrangiarsi in capannoni e luoghi di fortuna perché non gli è concesso di avere un luogo di culto?). Alla base di questo argomento vi è la confusione o l’identificazione tra fede e tradizione culturale: per esempio si legge in un blog che "difendere la nostra tradizione cristiana significa difendere noi stessi, la nostra storia perché noi ci fermiamo la domenica e non il venerdì, perché non abbiamo ammesso nella nostra società la poligamia, perché non accettiamo l’infibulazione delle donne, i matrimoni combinati tra bambini, siamo per la parità tra uomo e donna, noi crediamo nella libertà religiosa. Siamo figli della nostra civiltà e la nostra civiltà è figlia di quelle radici giudaico-cristiane. Affermare queste radici non significa fare un atto di fede, significa difendere noi stessi".

Occorrerebbe uno spazio più ampio per confutare questo coacervo di contraddizioni e insensatezze. Ma alcuni punti almeno possono essere evidenziati. Primo punto: per essere contrari all’infibulazione, ai matrimoni combinati tra bambini, alla parità tra uomo e donna non è necessario essere credenti cattolici: sono i diritti individuali, di tradizione liberale e illuministica, che ci hanno dato questa civiltà (spesso imponendosi contro le religioni costituite). Allora, è la Costituzione la nostra vera tradizione unitaria di civiltà – la quale può essere abbracciata da tutti, anche da chi non è cristiano o credente. Secondo punto: che il diritto occidentale abbia radici giudaico-cristiane è non solo scorretto (ha anche radici greco-romane che sono precedenti alla cristianizzazione) ma anche irrilevante in questo caso. Perché il fatto che la tradizione liberale dei diritti sia (anche) l’esito storico della secolarizzione del cristianesimo non implica concludere che ci sia identità tra cultura religiosa e cultura liberale o laica, e che difendere le radici religiose sia lo stesso che difendere noi stessi e i nostri diritti.

Questa identificazione etnico-politica della religione (essere italiani equivale a essere cattolici) è estremamente problematica qualora si voglia davvero difendere la tolleranza. Usare la religione come arma per marcare la differenza tra la cultura nazionale della maggioranza e le culture degli altri (siano essi parti minoritarie della nazione o immigrati) può infatti facilmente trasformare la questione della tolleranza in una questione di intolleranza. E benché gli italiani non siano diventati col tempo più religiosi, tuttavia si assiste spesso all’uso della religione come strumento di lotta culturale. Un esempio eloquente è una decisione resa nel 2005 dal Tar del Veneto nell’atto di respingere la richiesta di alcuni genitori di rimuovere il crocifisso dalle aule della scuola elementare pubblica frequentata dai loro figli. Il Tribunale giustificó quella decisione dando un’interpretazione nazionalistica della tolleranza, ovvero sostenendo che il crocifisso è un simbolo non di una confessione semplicemente ma della cultura italiana e che inoltre è un simbolo di tolleranza perché rappresenta una denuncia dell’intolleranza religiosa. C’è da dubitare che un fedele che crede con sincerità desideri veder trasformato un simbolo religioso in un simbolo secolare (cultural-nazionale) e che accetti di buon grado che un’istituzione dello Stato si incarichi di dare una definizione autorevole su come interpretare un simbolo religioso. Ciò dimostra che lo zelo nazionalista non è di sostegno alla tolleranza neppure di chi è cattolico. La propaganda roboante che ha fatto da giustificazione alla nuova legge sulla sicurezza nasconde una debolezza identitaria della nostra cultura civile che la maggioranza cela dietro la radicalizzazione del confronto «duro» e «cattivo» con le minoranze culturali e religiose. Non è del resto ironico che a volere fortemente questa legge nazionalista sia stato un ministro il cui partito che ha fatto della propaganda anti-nazionale e anti-italiana le ragioni della sua stessa esistenza?

lunedì 3 agosto 2009

Immigrazione e cittadinanza. Nazioni a confronto tra jus sanguinis e jus soli

Approvato definitivamente dal Senato, il pacchetto sulla sicurezza inasprisce le condizioni per l'acquisizione della cittadinanza italiana. Si tratta di misure ostili all'inclusione degli immigrati che potrebbero istigare un'ulteriore radicalizzazione verso l'esclusione. In altri paesi d'Europa, invece, il tradizionale criterio dello "jus sanguinis" (chi discende da cittadini di un certo paese è cittadino) è stato contemperato con quello (vigente negli Stati Uniti) dello "jus soli", secondo cui chi nasce sul territorio nazionale di un certo paese è cittadino.

di Graziella Bertocchi e Chiara Strozzi

Il decreto sulla sicurezza approvato definitivamente dal Senato il 2 luglio 2009 riflette un atteggiamento politico avverso all’immigrazione e all’integrazione dei cittadini stranieri largamente diffuso in Europa, come dimostrato anche dai risultati delle recenti elezioni europee.(1) La legge ormai promulgata, oltre ad istituire il reato di clandestinità - ampiamente commentato nei quotidiani e nei telegiornali - presenta anche alcuni articoli che sanciscono un inasprimento delle condizioni per l’acquisizione della cittadinanza. Nella fattispecie, le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza sono ora soggette al pagamento di un contributo di 200 euro. Diventa inoltre più difficile acquisire la cittadinanza tramite matrimonio: se residente in Italia, lo straniero può diventare cittadino italiano solo se risiede legalmente nel nostro paese da almeno due anni (la precedente disposizione richiedeva solo sei mesi). Si tratta della prima modifica apportata alla legislazione vigente dal 1992. E’ quindi il primo atto legislativo, in materia di cittadinanza, che fa seguito al massiccio incremento dei flussi migratori verificatosi nel nostro paese in tempi recenti. La tendenza che ne emerge è verso l’esclusione. Questa tendenza e’ destinata ad inasprirsi ulteriormente? Possiamo attribuirne la genesi all’incremento dell’immigrazione? Che cosa sta accadendo negli altri paesi?

JUS SANGUINIS E JUS SOLI

Quello che è accaduto alla legislazione di 162 paesi – tra cui l’Italia - dal 1948 al 2001 è documentato nella banca dati “The Citizenship Laws Dataset”, che descrive le modalità con cui i paesi regolano l’acquisizione della cittadinanza alla nascita e tramite naturalizzazione.(2) Attualmente, nella maggioranza dei paesi europei l'acquisizione della cittadinanza alla nascita è regolata dall’applicazione di un mix di due sistemi: lo jus sanguinis e lo jus soli. Secondo lo jus soli il criterio è il luogo di nascita (chi nasce sul territorio nazionale di un certo paese è cittadino), mentre secondo lo jus sanguinis il criterio è la pura appartenenza genealogica (chi discende da cittadini di un certo paese è cittadino). Mentre gli Stati Uniti hanno da sempre applicano lo jus soli, la maggior parte dei paesi europei - Italia inclusa - proviene da una tradizione di jus sanguinis, per motivi legati sia alla matrice giuridica di diritto civile, sia alla storia passata di prevalente emigrazione. Nonostante il diritto di cittadinanza sia storicamente disciplinato da norme molto stabili, dagli anni ’70 in Europa si sta assistendo a una rinnovata attenzione da parte dei governi verso riforme anche sostanziali, con un’intensa attività legislativa che in molti casi ha introdotto regimi misti.(3)

L’IMPATTO DEI FLUSSI MIGRATORI

Nel caso dell’Italia, la legge del 1992 attualmente in vigore prevede che il figlio di stranieri nato in Italia possa inoltrare domanda di cittadinanza una volta raggiunta la maggiore età, entro un anno di tempo e a condizione che abbia risieduto in Italia senza interruzioni dalla nascita. Non c’è traccia di elementi anche blandi di jus soli quali per esempio il “doppio jus soli”, che facilita l’ottenimento della cittadinanza per chi nasce sul territorio nazionale da stranieri a loro volta nati sullo stesso territorio (come in Francia), o di facilitazioni per chi nasce sul territorio nazionale da stranieri residenti (come in Germania).
In uno studio basato sulla sopra citata banca dati siamo in grado non solo di individuare le tendenze emergenti, a livello internazionale, per quanto riguarda l’evoluzione delle leggi della cittadinanza, ma anche di spiegarne le cause(4) Consideriamo per primo l’impatto dei flussi migratori. In generale, per il periodo esaminato, ovvero tra il 1948 e il 2001, un aumento dei flussi migratori produce un inasprimento delle condizioni che sanciscono l’acquisizione della cittadinanza nei paesi che adottano lo jus soli o un regime misto. Allo stesso tempo, in quei paesi di tradizione jus sanguinis che hanno sperimentato rilevanti flussi migratori, emerge una tendenza a introdurre elementi di jus soli. La spinta verso l’inclusione è tuttavia molto più debole di quella verso l’esclusione, poiché i paesi più liberali tendono a restringere mentre i paesi più restrittivi tendono ad essere più inclusivi ma solo molto lentamente. Un aumento dei flussi migratori si dimostra quindi un fattore che influisce sulla legislazione rendendola più restrittiva. Le modifiche introdotte dal decreto sicurezza in Italia sono in linea con questa tendenza.

ESCLUSIONE E INCLUSIONE

Nel nostro lavoro esaminiamo anche l’impatto potenziale di fattori diversi dai flussi migratori e che in certi casi si dimostrano decisivi. L’instabilità dei confini nazionali per esempio tende ad impedire l’adozione di elementi di jus soli, poiché rende difficile la determinazione del territorio nazionale. Questo fattore si è rivelato cruciale durante la fase di decolonizzazione seguita alla Seconda Guerra Mondiale, provocando un’estensione dell’applicazione dello jus sanguinis nelle ex colonie. In ambito europeo, queste considerazioni hanno profondamente influenzato le politiche tedesche, permettendo una maggiore inclusione solo dopo la caduta del muro. Tra gli altri fattori rilevanti, troviamo inoltre che l’invecchiamento della popolazione e un elevato grado di democrazia siano associati a legislazioni con più spiccati elementi di jus soli. Uno stato sociale generoso non sembra rappresentare un ostacolo alla maggiore inclusione degli immigrati tramite la concessione della cittadinanza.
Per quanto riguarda il futuro dell’Italia, è quindi possibile prevedere un’ulteriore spinta restrittiva determinata dal probabile incremento dei flussi migratori. Tale spinta potrebbe essere mitigata dalla presenza di confini politici largamente sedimentati, da un basso tasso di fertilità e da una stabile democrazia, ma potrebbe anche inasprirsi se a livello politico si sedimenterà un orientamento verso politiche migratorie rigide tese ad ostacolare l’inclusione degli immigrati nella società civile. Il decreto sicurezza non solo avalla atteggiamenti ostili all’inclusione, ma addirittura potrebbe istigare una loro ulteriore radicalizzazione, innescando un meccanismo a catena diretto all’esclusione.


(1) Si veda a questo proposito T. Boeri “E’ l’immigrazione, bellezza”, lavoce.info, 9 giugno 2009.
(2) Anche il British Council ha costruito una classificazione analoga, e per certi aspetti più dettagliata, che ha però il limite di considerare soltanto lo stato corrente della legislazione in 28 paesi.
(3) Si veda G. Bertocchi e A. Pratt, “La cittadinanza dei bambini”, lavoce.info, 16 ottobre 2003.
(4) G. Bertocchi e C. Strozzi, “The Evolution of Citizenship: Economic and Institutional Determinants”, 2010, Journal of Law and Economics, di prossima pubblicazione.

(Fonte: lavoce.info)