mercoledì 2 settembre 2009

L'ennesima ultima sanatoria

di Maurizio Ambrosini (www.lavoce.info)

La sanatoria di colf e badanti rappresenta una apprezzabile presa d'atto che la criminalizzazione degli immigrati senza permesso di soggiorno è prima di tutto irrealistica: serve a scopi di propaganda politica, ma non a risolvere i problemi effettivi del governo dell'immigrazione e del suo incontro con le esigenze del mercato del lavoro italiano. Meglio ancora sarebbe però adottare politiche più avvedute, che prevengano la formazione di ingenti bacini di stranieri con un lavoro, ma giuridicamente irregolari. Le soluzioni di Francia e Stati Uniti.

Dal primo settembre scatta la “fase due” della regolarizzazione di colf e assistenti domiciliari (alias bandanti). Da oggi si possono infatti presentare le domande di emersione. Perché alla fine ha prevalso la ragione. Contraddicendo le campagne di criminalizzazione dell’immigrazione irregolare, nonché il pacchetto sicurezza appena approvato, il governo ha varato la sanatoria. L’hanno chiamata “regolarizzazione selettiva”, “campagna di emersione” e altro ancora, ma la sostanza non cambia. C’è da scommettere, e se ne registrano le prime avvisaglie, che muratori, lavapiatti e tanti altri lavoratori inseriti nelle imprese verranno opportunamente “travestiti” da colf per poter approfittare dell’occasione.

IL COPIONE SI RIPETE

Si tratta dunque di una sanatoria in piena regola, la seconda varata da un governo a guida berlusconiana, dopo quella del 2002-2003, che produsse all’incirca 630mila nuovi residenti. Anche in quel caso faceva seguito all’inasprimento delle norme sull’immigrazione, con la legge Bossi-Fini.
Il copione dunque tende a ripetersi. Dopo aver individuato gli immigrati irregolari, definiti “clandestini” perché le scelte lessicali svolgono un ruolo importante in queste operazioni politiche, come la fondamentale minaccia per la sicurezza dei cittadini, il governo vara norme severissime che dovrebbero finalmente consentire di chiudere le porte, espellere gli intrusi e liberare il paese dalla piaga. Poi, qualcuno al suo interno comincia ad accorgersi che gran parte degli immigrati privi di regolari documenti sono qui non perché i trafficanti li hanno spinti sulle carrette del mare o perché qualche scriteriato “buonista” li ha fatti entrare, ma più semplicemente perché servono: servono alle imprese, dall’agricoltura, al turismo, all’edilizia, come pure alle famiglie. A quel punto, una volta rassicurata l’opinione pubblica sulla propria implacabile volontà di chiusura, il governo può dar prova di flessibilità e pragmatismo, mettendo in regola un gran numero di quei migranti “clandestini” che diceva di voler respingere. Il guaio è che in tal modo ottiene l’effetto opposto a quello annunciato: lancia nel mondo, attraverso il passaparola delle reti etniche, l’idea che in Italia, se si riesce a entrare e a trovare un lavoro, prima o poi ci si sistema. Ne è prova il fatto, già segnalato su questo sito, che in Lombardia, secondo la Fondazione Ismu, su tre immigrati oggi regolari, due sono passati attraverso un periodo di irregolarità, e tra i lavoratori la percentuale è ancora più alta. Secondo le stesse indagini, gli ingressi si infittiscono in prossimità delle sanatorie.
Queste rappresentano d’altronde il dispositivo fondamentale delle politiche migratorie italiane: l’attuale sarebbe la sesta in poco più di vent’anni, senza contare le sanatorie mascherate attraverso altri canali, come i decreti-flussi. Sono state varate da governi di ogni colore, nella travagliata storia politica dell’ultimo ventennio, sempre promettendo solennemente che sarebbe stata l’ultima. Ai governi di centrodestra spetta comunque il primato per numero di regolarizzati: sommando ai 630mila emersi del 2002-2003 quelli del nuovo provvedimento (secondo le previsioni governative, 750mila persone), Silvio Berlusconi supererà largamente José Luis Zapatero con i suoi circa 700mila emersi, come capo-classifica europeo delle sanatorie. Dopo aver suscitato l’inquietudine dei nostri partner per le campagne contro i rom e per i respingimenti degli aspiranti rifugiati, gli toccherà difendersi, come è già accaduto al collega spagnolo, dall’accusa di aver aperto le porte dell’Unione Europea a centinaia di migliaia di nuovi residenti. Un esito abbastanza curioso per un premier e per un governo che hanno fatto della lotta all’immigrazione illegale un argomento di punta del loro programma politico.

SOLUZIONI PER IL FUTURO

Le sanatorie tuttavia, come i condoni e le amnistie, non sono mai una via d’uscita elegante per i governi. Hanno un effetto diseducativo, che conduce invariabilmente a nuove infrazioni delle leggi e alla necessità di nuove sanatorie. D’altronde, appaiono difficilmente evitabili quando i numeri delle persone in condizione irregolare, nonché degli italiani che vengono anch’essi a trovarsi fuori legge in quanto favoreggiatori di un reato, raggiungono gli attuali livelli.
Anziché aggiustare a posteriori situazioni che non si ha avuto il coraggio lungimirante di governare a priori, nel futuro bisognerebbe provare a cercare altre soluzioni. Se ne possono individuare almeno due. La prima consiste nella regolarizzazione su base individuale, come avviene in Francia, di persone che non si possono più ragionevolmente espellere per vari motivi: per il soggiorno prolungato sul territorio (per esempio, cinque anni), l’inserimento lavorativo di fatto, l’instaurazione di legami affettivi stabili, la presenza di minori da accudire. Per l’ultima circostanza, la presenza di minori, la legge italiana già consente la concessione di un permesso di soggiorno.
La seconda strada potrebbe consistere nella conversione del titolo di soggiorno, come è avvenuto a più riprese negli Stati Uniti. Chi entra con un permesso turistico di tre mesi e trova qualcuno disposto ad assumerlo, segnatamente nell’ambito familiare, magari con determinate garanzie (contratto regolare, cauzione, mediazione di uno sponsor istituzionale o associativo e così via), potrebbe essere autorizzato a trasformare in un permesso di lavoro il suo titolo provvisorio di soggiorno. Si eviterebbe così la sofferenza di un tempo di irregolarità spesso prolungato, che per le madri, significa anni senza poter rientrare in patria e rivedere i figli, e il danno erariale del mancato versamento di tasse e contributi.
In definitiva, la sanatoria rappresenta una apprezzabile presa d’atto che la criminalizzazione degli immigrati irregolari è prima di tutto irrealistica: serve a scopi di propaganda politica, ma non a risolvere i problemi effettivi del governo dell’immigrazione e del suo incontro con le esigenze del mercato del lavoro italiano. Meglio delle sanatorie sarebbero però politiche più avvedute di prevenzione della formazione di ingenti bacini di immigrazione laboriosa, ma giuridicamente irregolare, che diventano poi ardui da svuotare senza altri danni per il paese.

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