domenica 16 agosto 2009

Croce Rossa: "Non c'è differenza tra un Cie e Regina Coeli"


«I centri d’accoglienza sono prigioni. Sono anni che lo dico, e ci sono voluti i disordini di questi giorni perché se ne prendesse atto». Massimo Barra è il presidente della Croce Rossa Italiana, e vicepresidente di quella internazionale. Sa di cosa parla, anche perché la sua organizzazione gestisce direttamente alcuni dei 13 Centri che adesso si chiamano «di identificazione ed espulsione». «Problemi ce ne sono anche nei nostri centri, ce ne sono sempre, come in tutti i luoghi che sono appunto equiparabili a carceri, in cui la vita è imprigionata».

Dottor Barra, la Croce Rossa gestisce proprio anche i centri di Torino e Milano dove si sono avute le rivolte di questi giorni. Materassi bruciati, violenze e proteste culminati in quattordici arresti e undici contusi, tra poliziotti e carabinieri.
«Questo accade perché le nuove misure, il pacchetto sicurezza appena varato, di certo non hanno messo di buonumore le persone recluse. La prospettiva di soggiorno obbligato è passata da 2 a 6 mesi, e a molti di loro pare sproporzionata. Bisogna capire che queste sono persone, e la coscienza di molti di loro è di non aver commesso un reato. Chi sta negli ex Cpt, oggi Cie, non ha la coscienza soggettiva di aver commesso un reato, di qui la protesta. Se a questo sommiamo il sovraffollamento, i disordini sono inevitabili. Sono quasi una conseguenza logica».

Sono proteste contro un’ingiustizia, o c’è anche il problema del sovraffollamento?«I Cie scoppiano, e continueranno a scoppiare. Il sovraffollamento aggrava moltissimo la condizione delle persone recluse, e mette in difficoltà gli operatori. E il sovraffollamento rischia di aumentare a dismisura, con l’introduzione del reato di immigrazione clandestina. Voglio precisare che ovviamente la mia non è una presa di posizione politica, per statuto la Croce Rossa non prende mai posizioni politiche. Ma conoscendo la situazione dei Cie, non posso non constatare che in particolare l’introduzione del reato di immigrazione clandestina ha esacerbato al massimo gli animi: si trova fuori legge anche chi non ha commesso proprio alcun tipo di reato».

In quanto stima potrebbe essere il sovraffollamento che deriverà dall’istituzione di questo nuovo reato?«Non ne ho idea. Mi limito a constatare che il Viminale parla di alcune migliaia di posti nei Cie, e che le stime degli immigrati clandestini arrivano a un milione. Valuti lei fin dove può arrivare il sovraffollamento».

La Croce Rossa può supervisionare anche gli altri centri di accoglienza per i migranti?«Al momento no. Il governo italiano, nel corso del tempo, ci ha dato in gestione alcuni centri. Ma in nome dei diritti universali sarebbe bene, lo dico non solo per l’Italia ma anche per il resto dei paesi del mondo, che le porte fossero aperte alla Croce Rossa. Perché quei centri sono carceri a tutti gli effetti, ed è auspicabile una presenza per così dire planetaria della Croce Rossa nelle carceri, di tutti i generi e in tutti i paesi. Il nostro difficile lavoro è comunque improntato al rispetto dei diritti dell’uomo».

Ma di fronte ai disordini di Torino e Milano avete chiamato la polizia e i carabinieri?
«No, certo. Polizia e carabinieri sorvegliano i Cie. E quando occorre intervengono autonomamente. Ma il punto sono i diritti. Per questo sarebbe importante un nostro monitoraggio, contro violenze e disattenzioni. Monitorare tutti i centri sarebbe una garanzia per tutti, e sarebbe bene che il governo italiano ce lo permettesse».

E’ la prima volta che vi trovate a fronteggiare scontri di questa portata, all’interno di un centro?
«No. E’ già successo anche in passato, si tratta di persone disperate e senza prospettive. Le prigioni in quanto tali sono il condensato dei problemi irrisolti dell’umanità, non c’è differenza tra un Cie e Regina Coeli. E può peggiorare».

(Intervista di Antonella Rampino - La Stampa)

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