A leggere le dichiarazioni in materia d'immigrazione del ministro per le politiche Agricole e Forestali, Luca Zaia, ci si rende conto ancora una volta del profondo scarto esistente tra un certo modo di fare politica e quel minimo di buonsenso necessario per chi ha a cuore le sorti della democrazia in Italia.
Rispondendo alla proposta avanzata nei giorni scorsi da Scajola di allargare la sanatoria per colf e badanti anche ad altre categorie di lavoratori immigrati sprovvisti del regolare permesso di soggiorno, e che vivono proprio per questo una situazione di disagio e sfruttamento, Luca Zaia si è detto fermamente contrario alla cosa. "Bisogna evitare il rischio- ha detto il ministro- di andare a legalizzare ballerine o prostitute" (Chissà che non si riferisse alle escort ospitate in gran numero a Villa Certosa...).
Al di là dei significati più o meno occulti della dichiarazione di Zaia (chi l'ha capita mi faccia il piacere di spiegarmela), che forse voleva essere solo una battuta umoristica a cui ha riso solo lui, è chiaro l'ostracismo verso una proposta (come quella, appunto, fatta da Scajola) favorevole all'emersione e regolarizzazione di centinaia di migliaia di lavoratori preda, non tanto del lavoro nero, quanto di alcuni meccanismi di esclusione insiti nel sistema di reclutamento di manodopera straniera. Un meccanismo che non permette, anche a chi ne avesse la possibilità, di mettersi in regola solo perché, ad esempio, la domanda di nulla osta lavoro non è rientrata nel decreto flussi.
Eppure, l'emersione di questi lavoratori produrrebbe benefici non solo agli immigrati, ma anche alle casse dello Stato. Come ha detto stamane Guglielmo Loy, capo di Uil/Immigrazione, "solo in termini fiscali, si avrebbe un introito per lo Stato di quasi 400 milioni di euro l'anno, senza contare i contributi previdenziali. Risorse che- ha aggiunto Loy- potrebbero essere utilizzate per rimpinguare il fondo ammortizzatori sociali e, quindi, aiutare anche i lavoratori italiani colpiti dalla crisi".
Lo stesso Scajola, oggi, ha provato a spiegare a molti dei suoi colleghi del centrodestra che lo hanno criticato, le ragioni della sua proposta, dicendo che il suo è stato un ragionamento "non ideologico ma pragmatico", dettato dalle "preoccupazione per i possibili danni che si procurerebbe a molte piccole e medie imprese soprattutto del centro-nord non tenendo conto del problema". "Non pensavo di suscitare tante discussioni", ha poi aggiunto il ministro per lo Sviluppo economico dopo il niet di Maroni e la levata di scudi della Lega.
In positivo registriamo che, almeno, sull'argomento si è aperta una breccia nel centrodestra. Che speriamo, col tempo, possa diventare una voragine. Anche se, purtroppo, sappiamo bene che l'ultima parola spetta al capo del governo, il cavalier Silvio Berlusconi, da tempo immobile di fronte alla linea xenofoba della Lega. E preoccupato solamente di mettere il bavaglio alla Magistratura e a chi fa informazione al di fuori dei suoi canali.
I.M.
martedì 4 agosto 2009
Zaia e Maroni contro Scajola. Il centrodestra si spacca sull'immigrazione
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