domenica 26 aprile 2009
Famiglia Musulmana, compie un anno il giornale che parla ai musulmani in italiano
Intervista all’editore Nizar Ramadan: "Conoscersi per rispettarsi"
Roma, 4 feb 2009 - "Da quando sono in Italia ho appreso che se la montagna non va da Muhammad (pace e benedizioni su di lui), Muhammad va alla montagna". Nizar Ramadan pronuncia questa frase con un sorriso sornione alternando l’italiano all’arabo mentre è nel suo ufficio al primo piano di una palazzina sulla Cassia dove ha sede la redazione di ‘Famiglia musulmana’, il primo e finora solo prodotto editoriale che parla ai musulmani sparsi in Italia usando unicamente la lingua di Dante. "Una lingua straordinaria" dice Ramadan, che di ‘Famiglia musulmana’ ne è ispiratore ed editore. Ed è tra queste stesse mura che prese forma un anno fa questo piccolo miracolo giornalistico, un mensile free press di sedici pagine a colori stampato in 10mila copie e distribuito principalmente davanti alle moschee della Penisola.
Famiglia MusulmanaNizar Ramadan è uomo di trentanove anni con gli occhi fieri di chi è soddisfatto di ciò che finora ha fatto senza esserne pago. Desideroso di andare incontro alle nuove sfide che gli si presenteranno nel prosieguo del cammino, sempre che Allah gli conceda il tempo e la grazia di farlo. Come il cognome lascia intendere, Ramadan è musulmano, ma non bisogna pensare che chi scrive su ‘Famiglia musulmana’ lo sia. Anzi. Se non è il solo in redazione poco ci manca, visto che gli altri (una trentina circa tra redattori e collaboratori) sono quasi tutti cristiani o laici. Ramadan ha un doppio passaporto, italiano e libanese. Una condizione che, dice, gli permette di guardare la realtà da due punti di vista e di prendere ciò che ritiene più bello. Il Libano è la sua terra d’origine ma è molto fiero della sua italianità. Del resto in Italia ci vive da circa 24 anni. Non che sia stato fermo un attimo: ha avuto la possibilità di girare il mondo, di guardare cosa c’è sotto la scorza che lo ricopre, e capire che se nella vita vuoi fare qualcosa di buono non puoi fare da spettatore ma devi scendere dal pulpito, rimboccarti le maniche e andare alla montagna. Il resto è tempo sprecato.
La ‘World Communication’ è la società fondata da Nizar Ramadan, si occupa di relazioni con il pubblico e fa da ufficio stampa per diversi enti pubblici. ‘Famiglia musulmana’ è l’ultimo prodotto editoriale nato alla ‘World Communication’, un giornale no profit. Non perché agli inserzionisti il giornale non interessi quanto per una precisa scelta dell’editore. "E un giornale - dice Ramadan - rispecchia sempre il suo editore. Famiglia musulmana – spiega - è un giornale etico, scientifico ed educativo che vuole creare partecipazione, dialogo, confronto. Andare a fondo nelle cose. Se fosse solo una questione di business sarebbe pieno di pubblicità e le assicuro che sono bravo a rimediare sponsor". ‘Famiglia musulmana’ mette la comunità musulmana di fronte ai suoi limiti. Che sono principalmente tre, come spiega Ramadan: "Negli ultimi decenni ho assistito molte volte a trasmissioni tv in cui vengono invitate persone che parlano di islam senza saperne nulla, signori che conoscono poco l’italiano e che sviliscono la religione usando quelle due parole che hanno imparato a sproposito. Così non va. I limiti che abbiamo sono sotto gli occhi di tutti. In particolare: la scarsa conoscenza della religione musulmana, la poca confidenza con la lingua italiana e la presunzione di parlare per conto dei musulmani. Ciò crea disinformazione e i primi colpevoli sono i musulmani stessi. Proprio per questo – aggiunge - noi di Famiglia musulmana siamo fieri di aver scelto di scrivere il giornale in italiano. Inoltre noi musulmani in Italia non abbiamo giornali in italiano".
Secondo Ramadan non c’è alcun buon motivo per non usare l’italiano nel sermone del venerdì come auspicato nei giorni scorsi dal presidente della Camera, Gianfranco Fini. "Occorre distinguere innanzitutto – spiega - tra il momento della preghiera, che si svolge cinque volte al giorno e che deve essere recitata esclusivamente nella lingua della Rivelazione, cioè l’arabo, ed il sermone del venerdì, che ha una finalità educativa, oltre che in materia teologica, anche in materia etica e sociale, e deve quindi essere pienamente comprensibile all'insieme dei credenti, così come ha voluto il nostro Profeta, per istruirli ed integrarli nella società e renderli partecipi della vita nel senso più pieno. Il problema casomai è un altro, ed è che la gente musulmana parla ma non legge in italiano. Per questo Famiglia musulmana ha un ruolo strategico per tutti i musulmani. Mi piacerebbe però che ce ne fossero altri di prodotti editoriali così. E’ tempo che la gente smetta di nascondersi. La nostra prima generazione ha commesso degli errori, si è chiusa su se stessa. Ora siamo alla seconda generazione e abbiamo il dovere di renderla partecipare e coinvolgerla in modo sano. Non più una religione insegnata col bastone come nelle presunte scuole coraniche. È necessario invece aiutare la gente a capire e comprendere. Perché finora non lo si è fatto? Nelle traduzioni non ci vedo niente di sbagliato. Se non le si fanno è solo per paura. Intendiamoci: non dobbiamo fare traduzioni a vanvera altrimenti rischiamo di trasmettere concetti astratti diversi dal "fiqeh" (giurisprudenza). Basta osservare quello che accade in alcuni paesi per rendersi conto di come alcune traduzioni siano pessime e portatrici d’interessi politici".
‘Famiglia musulmana’ non si occupa solo di temi religiosi e di etica. Ampio spazio è dato ai problemi che i musulmani possono incontrare ogni giorno: dal lavoro ai rapporti con le istituzioni, insomma: la quotidianità. E poi c’è spazio per la cronaca nazionale e internazionale e due pagine sono sempre dedicate al dialogo con altre confessioni, in particolar modo con la Chiesa cattolica. "Famiglia Musulmana non è un giornale che parla in nome della comunità musulmana – precisa Ramadan - ma parla ai musulmani. E lo fa in modo equilibrato, comunicando delle cose che interessano a tutti noi musulmani che viviamo in Italia, spiegando come siamo, come viviamo e quello che facciamo. Per essere rispettati e rispettare dobbiamo conoscere, sapere. Trattare la quotidianità permette alla comunità di prendere coscienza della loro condizione e cercare di riparare le storture. Per questo c’è bisogno di maggiore partecipazione. Senza dialogo non c’è democrazia. L’alternativa è di finire in un ghetto. Poi pubblichiamo spesso documenti che invitano al dialogo interreligioso e alla pace. C’è sempre una o due pagine che parlano di questo. E consideri che nessuno di questi cosiddetti rappresentanti torna e spiega alla comunità di cosa si è parlato e cosa si è raggiunto".
Far crescere la comunità musulmana è un atto dovuto ma attraverso la partecipazione di tutti gli interessati, cosa che produrrebbe benefici anche alla società nel suo insieme. "Per far crescere una comunità e dunque anche lo società intera c’è bisogno di partecipazione. E se una comunità viene ghettizzata o si auto-ghettizza diventa un corpo che rallenta la società nel suo insieme. Noi musulmani, purtroppo, non abbiamo un giornale che rappresenti l’opinione della comunità. Ma la colpa è solo nostra. Significa che non si è voluto partecipare e senza partecipazione si resta indietro e si perde il treno. Anche per questo – prosegue Ramadan – la comunità musulmana è chiamata doverosamente alla costruzione di giornali in lingua italiana. E anche le istituzioni italiane dovrebbero rivolgersi alla comunità con materiale informativo rendendola più partecipe" (Famiglia musulmana non riceve alcun contributo dal fondo per l’Editoria, ndr). Un documento pubblico che aiuta i giovani ad apprendere l’etica della religione da fonti sicure, per scongiurare il rischio che si creino delle sette all’interno del sistema. Per questo motivo il compito sociale di questo giornale è molto grande".
Italo Mastrangeli (pubblicato su Lungotevere.Net)
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