domenica 26 aprile 2009

Piana di Gioia Tauro: sofferenza senza confini


di Italo Mastrangeli
(apparso su Famiglia Musulmana di marzo)

Tuguri di cartone e cellophane dentro fabbriche abbandonate e mezze diroccate. Il fumo dei fuochi, accesi un po’ dappertutto per cucinare e mitigare il freddo che entra nelle ossa, che rende l’aria irrespirabile. E quando c’è cattivo tempo, la pioggia che filtra dal tetto scassato e allaga il pavimento in cemento. Sono queste le condizioni in cui vivono oltre 1.500 migranti, la maggior parte sprovvisti del permesso di soggiorno, nella Piana di Gioia Tauro in provincia di Reggio Calabria. Giunti in Italia da Ghana, Marocco, Costa d’Avorio, Mali e Sudan, convinti di trovare l’Eldorado e, invece, finiti assieme a pidocchi, ratti, scarafaggi e pulci. Come sempre da dieci anni a questa parte, sono arrivati tra fine estate e inizio autunno per la raccolta stagionale degli agrumi e si sono accampati nei comuni di Rosarno, San Ferdinando e Rizziconi, in fabbriche-suburre prive dei minimi requisiti igienico-sanitari, in attesa che qualche capobastone al soldo delle aziende agricole li recluti. Un giorno di lavoro vale 25 euro. Naturalmente, tutto in nero. Anche per chi ha i documenti in regola. Una situazione che l’organizzazione internazionale ‘Medici senza frontiere’ definisce “spaventosa”. Subumana. “Sono da poco tornato dalla Piana di Gioia Tauro - dice a ‘Famiglia musulmana’ Gianluigi Lopes, addetto stampa di ‘Medici senza frontiere’ - A vivere lì ci si ammala di sicuro. Il freddo e il cucinare e dormire in spazi non areati influisce considerevolmente sull'insorgenza di infezioni alle vie respiratorie. Le difficili condizioni di vita e di lavoro portano invece a patologie gastroenteriche e osteomuscolari. Per questo – aggiunge - abbiamo distribuito 1500 kit igienico-sanitari (kit contenente sapone, sacco a pelo, spazzolino e dentifricio) per garantire un minimo di assistenza”.
Fino a poco tempo fa le cose andavano anche peggio. Mancavano luce, acqua, bagni e l’immondizia era da tutte le parti. “A dicembre – dice Gianluigi Lopes - Medici senza frontiere ha girato un filmato per denunciare una situazione tanto precaria, riferibile a una crisi umanitaria come non era mai accaduto in un paese del G8. Un video che ha fatto il giro del mondo, ripreso da Bbc, Al Jazeera, Reuters, da alcuni media francesi e spagnoli e da quasi tutti i media italiani”. Poi, sempre nel mese di dicembre, la vicenda dei due ventenni ivoriani feriti da proiettili di pistola sulla strada che porta da Rosarno a San Ferdinando e che ha spinto alcune centinaia di immigrati a manifestare (pacificamente) per le vie di Rosarno. Infine, gli appelli della Croce Rossa, delle associazioni cattoliche, dei movimenti cittadini della zona e di Medici senza frontiere. Fatti che hanno sensibilizzato la Regione Calabria (“Bisogna umanizzare una realtà intollerabile su cui in tanti per troppo tempo hanno chiuso gli occhi”, ha detto il governatore Loiero in un comunicato stampa diffuso in quei giorni), che ha provveduto a predisporre servizi igienico-sanitari indispensabili. “Abbiamo chiesto alle istituzioni locali - dice Gianluigi Lopes di ‘Medici senza frontiere’ - di allestire servizi per migliorare le condizioni di vita di queste persone. Qualcosa è stato fatto in questi giorni: sono stati messi bagni chimici, taniche per la distribuzione d’acqua ed è stata raccolta la spazzatura. Un intervento giunto, secondo noi, in ritardo – conclude - visto che sono almeno dieci anni che tutto ciò si ripete e che, dunque, sarebbe programmabile e gestibile in termini di accoglienza”.

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