venerdì 1 maggio 2009

Profughi somali detenuti in Nepal


Da tre anni, 72 somali vivono come “rifugiati urbani” a Kathmandu. Trafficanti internazionali li hanno ingannati con la prospettiva di un lavoro in Italia. Essi non possono lasciare il Paese: il governo chiede 40mila euro per la loro partenza. I profughi minacciano lo sciopero della fame e si dicono “pronti a morire”.

di Kalpit Parajuli
(AsiaNews)

Kathmandu – Fuggire dalla guerra, dalla disperazione e dalla fame, con la prospettiva di trovare rifugio a Napoli, in Italia, e ricostruirsi una nuova vita. Per questo un profugo della Somalia ha pagato una forte somma di denaro ai trafficanti internazionali; per poi scoprire, una volta sceso dall’aereo, che la destinazione finale non era Napoli ma Kathmandu, la capitale del Nepal.

È la disavventura capitata a Shukrui Dec, 25anni, che assieme ad altri 72 rifugiati somali aveva lasciato il Paese di origine in cerca di pace, due pasti al giorno per la famiglia e una educazione migliore per i figli. Egli ha sborsato una gorssa somma in denaro a un agente internazionale, il quale gli aveva assicurato un alloggio e un impiego a Napoli.

Dopo essere atterrato all’aeroporto internazionale di Tribhuwan, nella capitale nepalese, si è accorto dell’inganno. Shukrui Dec ha vagato per la città diversi giorni, prima di arrendersi e chiedere ospitalità all’Alto commissario Onu per i rifugiati, a Kathmandu, per sé, la moglie e il figlio di otto anni. “Non ho avuto altra scelta – confida l’uomo – che rivolgermi all’agenzia Onu”, che ancora oggi gli garantisce un alloggio e una somma in denaro. Da tre anni vive come “rifugiato urbano”, in attesa di poter tornare a casa.

Il governo nepalese ha posto un balzello a carico dei rifugiati: per fare rientro a casa, essi devono versare una somma di 40mila euro quale “tassa per la permanenza”. I profughi hanno chiesto più volte di essere esentati dal pagamento e lasciare il Paese; Nabin Kumar Ghimire, portavoce del Ministero degli interni replica che la “la questione è fuori discussione” e conferma che la tassa va pagata.

Le Nazioni Unite garantiscono una somma giornaliera ai profughi somali che varia dai 19 ai 42 euro; soldi che non bastano per raggiungere i 40mila euro che gli “immigrati clandestini” devono versare come riscatto. Per la disperazione, i profughi somali minacciano lo sciopero della fame e, tramite AsiaNews, lanciano un appello alla comunità internazionale perché li aiuti. “Possiamo lasciare il Nepal – dichiara la 17enne Fatima Muhammad – solo se il governo ci esenta dal pagamento della tassa”. La ragazza afferma che i profughi “desiderano tornare a casa, perché preferiscono morire nel proprio Paese, piuttosto che condurre una vita da cani in Nepal”. “Siamo pronti a morire di fame – conclude Fatima, mentre culla i sui sette figli malnutriti – se il governo non accoglie le nostre richieste”.

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